Non è solo la devozione la causa di tanta presenza della figura di Maria nella letteratura italiana, come documenta il libro di Neria De Giovanni, pubblicato dalla “Libreria Editrice Vaticana”, ma l’incanto della donna che più incarna l’apporto della femminilità al laborioso cammino del destino umano. In Maria di Nazareth la libertà accoglie Dio, l’operosità lo custodisce, l’intelligenza sa di non comprenderne il mistero e nel silenzio lo adora.
Certo non tutti i testi scelti dalla curatrice per il volume Maria nella letteratura d’Italia hanno la pregnanza di Dante o la limpidezza di Petrarca, ma voci colte e popolari, antiche e vicine a noi si rincorrono e spesso rivelano la centralità di alcuni temi mariani, tra i quali spicca quello della maternità di Maria, quasi esso fosse l’archetipo vitale che collega il poeta all’oggetto del suo canto.
Il libro ripercorre i secoli della letteratura italiana dalle origini ai nostri giorni, facendo precedere ai testi una breve presentazione degli autori; una introduzione storico-critica apre al lettore il vasto spazio di una produzione poetica secolare, in cui una donna è cantata: sempre lei, a indicare quanto l’arte prenda avvio dall’animo commosso, dall’ammirazione per qualcosa di grande e di bello, dal silenzio che osa farsi parola.
Neria De Giovanni fa notare che questa antologia di testi mariani sia pubblicata a cura di una donna; sono molte anche le autrici presenti ed è alla loro voce che mi piace rivolgermi per un breve saggio del sobrio valore di quest’opera.
In primo luogo due ben conosciute poetesse del Cinquecento. Di Veronica Gambara è bella la prima quartina di un sonetto sul mistero del Natale:
Oggi per mezzo tuo, Vergine pura,
si mostra in terra sì mirabil cosa
che piena di stupor resta pensosa,
mirando l’opra, e cede la Natura!
Più interiore la voce di Vittoria Colonna:
Immortal Dio nascosto in mortal velo
L’adorasti Signor, Figlio il nudristi,
L’amasti sposo, e l’onorasti Padre;
prega Lui dunque che i miei giorni tristi
ritorni in lieti, e tu, Donna del Cielo,
vogli in questo desio mostrarti Madre.
Attraverso la leziosa morbidezza del Settecento, in cui si segnalano due poetesse dell’Arcadia, Petronilla Paolini e Teresa Bandettini e la prosa più robusta di Matilde Serao e di Grazia Deledda, la poesia femminile in onore di Maria fa risentire il timbro inconfondibile della libertà metrica e tematica di Ada Negri per giungere, con Antonia Pozzi, a risentire l’eco del terribile terremoto di Messina del 1908:
Sola
nella notte di rovina e di spavento
restavi tu
Maria –
incolume nell’abside
della tua cattedrale
curva sul crollo orrendo.
Laura Bosio ritorna sul silenzio di Maria: «Come rugiada nell’oscurità dell’alba, la grazia è scesa su Maria nell’ombra. E nell’ombra lei ha coltivato la sua eccellenza. In disparte ha osservato la nascita di quel mondo da lei misteriosamente partorito, non per interrogarlo ma per riscoprirne la luce originaria. Non le importava penetrarne il mistero, voleva approdare al regno eterno evocato dall’Angelo. Per tutta la vita ha inseguito la verità. Non per diffonderla: per possederla».
Una lirica di Alda Merini pare rievocare la luce della celebre Annunciata di Antonello da Messina:
Mi sono aperta come un libro davanti a Te,
un libro pieno di misure terrestri,
un libro pieno di fiori della giovinezza, Signore,
un libro pieno dei miei sospiri d’amore.
E ad un tratto Tu sei comparso,
per me che ero velata d’azzurro,
per me, che godevo la tenerezza della mia adolescenza,
per me, che mi sentivo giovane
e pronta a tutte le battaglie della vita,
per me, che avevo lo scudo della parola.
Sono state tralasciate le voci maschili, ma per concludere questa breve rassegna ecco il ritornello di una lauda di Lorenzo il Magnifico, con il suo andamento cantabile:
Quanto è grande la bellezza
Di te, Vergin santa e pia!
Ciascun laudi te, Maria:
Ciascun canti in gran dolcezza.