Di s. Jean Vianney, detto il Curato d’Ars, un episodio in particolare mi colpisce: il diavolo una volta gli disse, riferendosi alle sue pratiche ascetiche: «Tu non mangi, neanche io; tu non dormi, neanch’io dormo. Ma c’è una cosa che tu puoi fare e io no: amare Dio».

L’abbé Vianney è stato posto da Benedetto XVI quale patrono dei sacerdoti (prima lo era dei soli parroci) perché sapeva bene quanto un gregge dipenda dal suo pastore. Diceva che un prete santo fa dei fedeli ferventi, un prete solo devoto li fa tutt’al più dignitosi cristiani; uno tiepido finisce per non averli nemmeno cristiani. Già: il discepolo non è mai più del maestro. Per questo il Curato d’Ars lavorò soprattutto su stesso per diventare il Padre Pio della Francia del Secondo Impero. Il pur “laico” Napoleone III dovette insignirlo a furor di popolo della Legion d’Onore. Quando la ricevette, Vianney sorrise: «Eh, me la danno per aver disertato?». Infatti, prima di farsi prete era stato arruolato a forza nell’Armée del Còrso e ne era scappato; nella confusione del dopo-Waterloo nessuno pensò a cercarlo.



Studiò privatamente, perché la Rivoluzione aveva chiuso i seminari. Né lui era granché portato per lo studio. Lo fecero prete quasi solo per la sua cocciuta determinazione, commossi dal suo spirito di preghiera. Preghiera e penitenza: le sue armi. Una volta il vescovo lo costrinse per obbedienza a fare onore al pranzo offertogli: si sentì male, perché il suo stomaco era ormai abituato a solo qualche patata. La notte, anche se avesse voluto dormire non avrebbe potuto: il diavolo glielo impediva. L’intero paesino di Ars sentiva gli scoppi e i rumori infernali provenire nottetempo dalla canonica, roba da far rizzare i capelli in testa.



Ma Ars, anziché spopolarsi, triplicò i suoi abitanti. Per confessarsi dal Curato c’era sempre la fila, una fila di giorni. Venivano da ogni dove a confessarsi da lui, che stava nel bugigattolo di legno anche diciannove ore al giorno. Una volta la ressa fu tale che lo rovesciarono con lui dentro. A leggere certe sue biografie se ne cava di solito l’impressione di un essere eccezionale, inimitabile, da ammirare con stupore da lontano. Invece, a ben scrutare, si vede un uomo normale, un uomo (ed è qui la differenza) che però applicava il Vangelo alla lettera. Per esempio, un giorno venne a cercarlo un contadino che lo riempì di insulti. Il Curato stette ad ascoltarlo senza replicare e, quando quello si decise a togliersi dai piedi, lo accompagnò alla porta sempre sotto la gragnola di invettive. Appena quello se ne fu andato, quasi svenne per lo sforzo prolungato di contenersi. Eh, qualcuno non apprezzava la sua “rigidità” (nulla di nuovo sotto il sole). Un uomo gli chiese consiglio: poteva accompagnare sua figlia al ballo? Risposta: meglio di no. Ma lei guarderebbe soltanto! Replica: sì, ma ballerebbe il suo cuore.



Questo era, anche, il Curato d’Ars, uno che, avendoli debitamente chiesti, aveva avuto da Dio i doni necessari a fare il suo mestiere. Da Dio veniva la sua «formazione», non da quel seminario che mai frequentò.