Alcune settimane fa si è svolto a Roma un convegno su Luigi Gedda, figura centrale e controversa del laicato cattolico del secolo scorso, e per anni Presidente nazionale dell’Azione Cattolica. A proposito di questo discusso personaggio ilsus-sidiario.net ha posto alcune domande a uno dei relatori dell’incontro, il professor Vittorio De Marco, dell’università del Salento.



Potrebbe tracciare un breve ritratto di Luigi Gedda, storico presidente dell’Azione Cattolica?

La presidenza di Luigi Gedda coincise in gran parte con l’ultimo periodo del pontificato di Pio XII. Già alla testa della Gioventù cattolica, nel gennaio 1952 subentrò a Vittorino Veronese alla presi-denza generale. Molto legato a papa Pacelli, in sintonia con il suo disegno di riaffermare con forza i valori del cristianesimo nella società italiana per fermare il pericolo comunista, Gedda incarnò in quegli anni la massima espressione del collateralismo tra mondo cattolico e Democrazia Cristiana. Un collateralismo che non doveva essere del tutto gratuito nel senso che già con le elezioni del 18 aprile 1948 e le successive tornate elettorali amministrative, egli intese condizionare alcune scelte di politica generale del partito di De Gasperi soprattutto nel delicato appuntamento delle elezioni am-ministrative di Roma dell’autunno 1952, in quella che è passata alla storia come “operazione Stur-zo”, nella quale Gedda, e alcune componenti del mondo cattolico più conservatrici, appoggiarono il progetto di un’alleanza con le destre pur di contenere e soprattutto evitare una vittoria socialcomu-nista. Non tutti però nell’Azione Cattolica condividevano la stretta relazione tra la stessa e i Comita-ti civici, creati da Gedda alla vigilia delle elezioni del 1948 proprio per evitare una discesa in campo diretta dell’Azione Cattolica. Nella sostanza però, in gran parte delle diocesi italiane, questa doppia realtà aveva significato un effettivo appiattimento delle strutture dell’Azione Cattolica su quelle dei Comitati civici anche perché dirigenti dell’una si ritrovavano dirigenti nell’altra.



Gedda ebbe sempre forte il senso dell’attivismo e dell’organizzazione, nel senso di una presenza capillare dell’Associazione in tutti i gangli della società, proprio per quel disegno di riconquista cri-stiana che andrà a stemperarsi con l’avvento di papa Roncalli e di un’altra visione della vita dell’Associazione e della stessa politica italiana. Infatti quella sintonia con Pio XII che aveva per-messo a Gedda un ampio margine di manovra dentro e fuori l’Azione Cattolica, si ridimensionò e venne sostanzialmente a cadere con Giovanni XXIII.

 

Su quali linee si è sviluppata l’interpretazione della sua azione ecclesiale, civile e politica?



Bisogna fare una premessa. Soltanto in questi ultimi tempi, essendo possibile accedere all’archivio privato di Gedda e ad altre fonti documentarie dell’Azione Cattolica centrale, si sta cominciando a riflettere in modo sistematico sulla sua figura nel contesto del mondo cattolico pre e post-conciliare, superando i cliché interpretativi che una certa storiografia laica gli ha dedicato, connotandolo più di elementi negativi che positivi. Manca quindi ancora un’approfondita riflessione sulle linee attraver-so le quali si è sviluppata la sua azione ecclesiale civile e politica. Possiamo comunque dire che nessuno che si occupi senza preconcetti e con serenità della storia del movimento cattolico e di quella in particolare del secondo dopoguerra, può mettere in dubbio lo spessore della testimonianza cristiana di Gedda, la sua ricca spiritualità, il suo amore sconfinato per il papa, i vescovi e tutta la Chiesa. Si adattò alla nuova ecclesiologia uscita dal Concilio Vaticano II accettando anche con en-tusiasmo, ad esempio, la riforma liturgica che permetteva una chiara e immediata comprensione della parola di Dio a tutta l’assemblea riunita nella celebrazione eucaristica, o anche il ruolo che la Chiesa riconosceva ora ai laici soprattutto nel campo temporale, con un’autonomia di movimento e progettualità che prima del Concilio non era stato possibile avere.

La sua azione civile prima del Concilio viene da tutti associata ai Comitati civici, un modello orga-nizzativo che se trovava in genere i vescovi disponibili e interessati, non sempre suscitava una buo-na reazione negli ambienti politici della Democrazia cristiana, anche se è stata sottolineata la neces-sità di dover scendere nelle tante realtà locali, con ricerche, studi e l’ausilio delle nuove fonti acces-sibili, per poter dare un giudizio complessivo sull’azione dei Comitati civici della cui utilità Gedda era fermamente convinto e continuerà ad esserlo anche dopo il Concilio. La scelta religiosa dell’Azione Cattolica, che mise fine al collateralismo con la DC, pur rispettandola, non la condivise e continuò a sottolineare la necessità di un impegno temporale dei laici, così come affermato dallo stesso Concilio nell’Apostolicam Actuositatem, attraverso la creazione dei Circoli “Mario Fani” a partire dall’agosto 1970.

Quali novità sono emerse dal recente convegno di Roma?

Il recente convegno svoltosi a Roma presso la sede dell’Azione Cattolica su “Luigi Gedda nella sto-ria del mondo cattolico italiano del ‘900” è una tappa di un progetto culturale su Gedda più ampio e articolato che ha già visto la realizzazione di due convegni: uno a Milano sulla sua spiritualità e un altro a Roma sui Comitati civici. Si prevede nei prossimi mesi un convegno conclusivo su altri a-spetti della vicenda umana e cristiana di Gedda. Il seminario organizzato dall’Azione Cattolica ha ripercorso alcune tappe cronologiche del suo impegno nell’Associazione attraverso il rapporto con alcuni personaggi altrettanto significativi del mondo cattolico come Lazzati, Carretto e La Pira, nonché le sue idee sul Concilio e sulla nuova Azione Cattolica di Bachelet e monsignor Costa. Non sempre fu in sintonia con i tre personaggi citati; vi furono tra loro e Gedda modi diversi di interpre-tare la realtà del mondo cattolico e l’evoluzione della società tra anni ‘30 ed anni ‘50, e di conse-guenze modi diversi di strategia, presenza ed azione. Sono emerse in altre parole le distanze e le convergenze di cristiani ed intellettuali comunque di grande spessore, i quali, hanno inteso, nono-stante visioni qualche volta contrapposte, servire la Chiesa nella “carità”, supportati dalla “fede”, rinnovati continuamente dalla “speranza”. Così come è emersa la posizione critica che Gedda ebbe nei confronti dell’apertura a sinistra alla fine degli anni Cinquanta – ma anche Sturzo fu più che contrario a quell’apertura – e la differente visione circa la collocazione del laico cattolico dopo il Concilio nella società italiana.