Con la sua elezione il papa Benedetto XVI ha posto un problema estremamente importante per lo sviluppo culturale globale e cinese, quello del relativismo culturale. Per molti decenni l’idea che tutto andasse bene in culture diverse, che culture diverse fossero inconciliabili, ingiudicabili è diventato nei fatti la coperta del rifiuto dell’altro, dell’accettazione dell’incomprensione e della divisione del mondo in compartimenti stagni.



In qualche modo è la faccia speculare e “moderna” del colonialismo culturale. Ai tempi del colonialismo europeo la cultura era solo una, quella dell’occidente vincitore e “civile”, e i vinti erano obbligati a comportarsi e pensare come i vincitori pena il marchio di essere “incivili”.

Era quella corrente che arrivava a fenomeni ridicoli di far mettere il cilindro e la giacca del frac sopra i capelli intrecciati con il codino. Ma era una questione seria: era la negazione che esistessero altre culture, o meglio che se pure ci fossero non avevano la dignità della cultura vincente.



A questa fase se ne successe un’altra che finalmente riconosceva la dignità e il valore di culture diverse, ma questo avrebbe dovuto significare una profonda disponibilità a “entrare” in culture diverse capendole profondamente e con una disponibilità di cambiarsi. Invece diventava solo uno sforzo di separatezza di accettazione dell’incomprensione verso l’altro. Non si forzavano più i cinesi a mettere il frac ma comunque si rinunciava a capire la loro cultura con l’idea che “tutto fosse relativo” e la distanza culturale fosse in sostanza incolmabile.

Questo non è solo un fenomeno occidentale, ma anche cinese. A partire dal movimento del 4 maggio 1919, che lanciò il programma per democrazia e scienza, la Cina si imbarcò in un programma di rifiutò totale della tradizione culturale cinese. La Cina fu conquistata da un partito che prendeva di peso quelli che riteneva fossero i modelli occidentali più avanzati, quelli marxisti, e con il maoismo si imbarcò in un movimento di negazione sistematica della propria cultura.



Solo negli ultimi anni, probabilmente in meno degli ultimi 20 anni, la Cina sta gradualmente cercando di superare quella che per decenni è stata la contrapposizione frontale tra cultura tradizionale cinese (cattiva) e nuova cultura occidentale (buona). Questa contrapposizione era senza senso, perché la cultura cinese è troppo resistente ed è non annullabile, e quindi cacciata dalla porta rientra dalla finestra come superstizioni o altro. Inoltre l’annullamento della cultura cinese, ove anche fosse stata possibile, sarebbe stato un danno mostruoso per la Cina e l’umanità che avrebbe perso una enorme ricchezza di pensiero e ispirazione.

Lo sforzo attuale della Cina è quindi proprio questo di capire la cultura occidentale e quella di altre parti del mondo, e adattare la propria secondo i criteri che paiono migliori, in base a opportunità, fini o altro. Questo significa salvare e preservare molte culture ma non sulla base di una separazione a compartimenti stagni, ma sulla base di una compenetrazione e comprensione.

In qualche modo il relativismo culturale era quello praticato dagli antichi imperatori cinesi del 1700 che accettavano l’esistenza di altre culture, di altri “mondi di civiltà” ma semplicemente spiegavano di non averne bisogno perché in realtà pensavano che il loro fosse il migliore.

C’è invece un bisogno reciproco in questo mondo, occorre capirsi e dialogare non per fare chiacchiere ma per comprendere e migliorarsi.

Benedetto XVI è l’unico in occidente che in realtà ha sollevato questi argomenti. Questo naturalmente ha un valore religioso, perché il Pontefice ha fede che la sua religione sia la vera e che non tutte le religioni si equivalgano le une alle altre. Ma c’è un portato culturale forte e importante al di là della fede religiosa: le culture devono confrontarsi tra di loro, deve cadere il muro dell’esotismo incomprensibile che maschera il rifiuto paternalistico dell’altro, che vediamo tanto spesso in occidente.

Quindi certo che la Cina diventi più occidentale, ma occorre anche un altro passo:  l’occidente deve diventare anche molto più cinese. Non è una pretesa coloniale questa ma una esigenza di convivenza civile, visto che i cinesi sono quasi un quarto dell’umanità. Ed è un consiglio per il bene dell’occidente che oggi per tanti versi si trova alle strette potrebbe invece farsi ispirare dal pensiero e dallo sviluppo cinese. E per questo passo utile e urgente, credo, per l’occidente, l’occidente dovrebbe ringraziare il Papa.