Il tema della presenza e dello sviluppo delle biblioteche nazionali centrali, quella di Firenze e quella di Roma, è essenziale per l’affermazione della cultura italiana. Per questo bene ha fatto Paolo Di Stefano sul “Corriere” di domenica a richiamare l’attenzione sui pericoli causati dagli scarsi finanziamenti provenienti dallo Stato. Più confusa appare invece l’osservazione, mossa da altri, che tali biblioteche dovrebbero aprirsi invece a un’utenza più ampia.



Innanzitutto è necessario chiarire un punto. Le biblioteche nazionali centrali (e sul fatto che in Italia ne abbiamo 2 occorrerà andare a leggere gli studi di Paolo Traniello, giustamente tirato in ballo da Di Stefano), svolgono un ruolo particolare. Le biblioteche non sono tutte uguali, hanno compiti istituzionali differenti (e quindi modi diversi di realizzare la propria missione), che siano biblioteche universitarie di ricerca, scolastiche dedicate allo studio, per bambini con libri giocattolo, pubbliche dove trovano spazio i pensionati o le casalinghe. Le biblioteche nazionali hanno un compito innanzitutto di trasmissione nel tempo dello specifico della nostra cultura libraria: questo avviene in tutti i paesi civilizzati, e con finanziamenti assai maggiori che da noi.



Allora, alle biblioteche centrali si deve chiedere di far bene il loro lavoro, di svolgere compiutamente il compito della conservazione, non di fare altro. Il nostro patrimonio librario è la maggiore ricchezza che abbiamo, assieme ai beni paesaggistici, monumentali e artistici: più di quelli, forse, caratterizza la nostra identità. Non ci si stupirà perciò che l’Italia sia la nazione col maggior numero di biblioteche dotate di materiale antico distribuite sul territorio. Questa pluralità di presenze e culture (Ferrara è diversa da Palermo o da Trento!) è la nostra identità, cioè la nostra storia.



Le biblioteche nazionali centrali non sono poi solo delle enormi casseforti. Esse svolgono compiti essenziali per la conoscenza tanto del patrimonio antico quanto di quello moderno. A loro spetta creare gli strumenti bibliografici che permettono di conoscere (non solo oggi, sul momento, ma poi anche nel tempo e in modo sicuro) la nostra produzione editoriale contemporanea. Ora, certo, si potrà dire che per una certa mostra o iniziativa le nostre biblioteche debbono cercare degli sponsor o che occorre siano più visibili. Già da anni però si levava il grido d’allarme: manca personale, le competenze vanno perdute. Al di là dei discorsi, sono necessari finanziamenti e concorsi per bibliotecari (non si può gestire tutto con le cooperative esterne!). Certa rimane infatti l’esigenza che siano gli organi centrali dello Stato a farsi carico della vita e della crescita delle nostre biblioteche nazionali centrali, e delle altre biblioteche statali.