«Un pellegrinaggio, anzi, il pellegrinaggio per eccellenza alle sorgenti della fede; e al tempo stesso una visita pastorale alla Chiesa che vive in Terra Santa: una Comunità di singolare importanza, perché rappresenta una presenza viva là dove essa ha avuto origine». Con queste parole, a pochi giorni dal suo rientro a Roma, Benedetto XVI ha voluto sintetizzare il significato del suo viaggio pastorale in Terra Santa. Un itinerario certamente non facile, per le molte implicazioni anche politiche, che si è svolto dall’8 al 15 maggio scorso. Segnato da molteplici momenti d’incontro, questo viaggio è stato soprattutto un abbraccio con la comunità cristiana locale: «Momenti culminanti di comunione con i fedeli cattolici – ha ricordato lo stesso Benedetto XVI durante l’udienza generale del 20 maggio – sono state soprattutto le celebrazioni eucaristiche. Nella Valle di Giosafat, a Gerusalemme, abbiamo meditato sulla Risurrezione di Cristo quale forza di speranza e di pace per quella Città e per il mondo intero. A Betlemme, nei Territori Palestinesi, la santa Messa è stata celebrata davanti alla Basilica della Natività con la partecipazione anche di fedeli provenienti da Gaza, che ho avuto la gioia di confortare di persona assicurando loro la mia particolare vicinanza. (…) La terza e ultima Messa con il popolo l’ho celebrata a Nazaret, città della santa Famiglia. Abbiamo pregato per tutte le famiglie, affinché siano riscoperti la bellezza del matrimonio e della vita familiare, il valore della spiritualità domestica e dell’educazione, l’attenzione ai bambini, che hanno diritto a crescere in pace e serenità (…) Là, dove il Verbo si è fatto carne nel seno della Vergine Maria, sgorga una sorgente inesauribile di speranza e di gioia, che non cessa di animare il cuore della Chiesa, pellegrina nella storia».



Per ricordare le tappe salienti di questo pellegrinaggio, il terzo di un Pontefice nella terra che per prima ha conosciuto la Salvezza (il primo fu Paolo VI, il secondo Giovanni Paolo II), il bimestrale Terrasanta, la rivista della Custodia di Terra Santa in Italia ha pubblicato un numero speciale di 84 pagine. Uno strumento molto utile per cogliere appieno la portata di un viaggio che ormai possiamo definire storico. E per riassaporare, anche attraverso un ricco corredo iconografico, gli incontri, i gesti e le parole del Santo Padre.



Più volte, durante il suo viaggio in Terra Santa, il Papa ha parlato della missione che i cristiani di Terra Santa hanno: quella di essere «strumenti di pace». E in più occasioni ha sottolineato l’opera meritoria dei figli di san Francesco in Medio Oriente. Sul Monte Nebo, al Cenacolo, al campo di Aida, nelle vicinanze di Betlemme… Una presenza nel Medio Oriente che è testimonianza del Vangelo (anche fino al martirio) e dialogo attraverso la vita, appunto nel segno di san Francesco. «Desidero esprimere – ha affermato durante la visita al Cenacolo – il mio apprezzamento per il servizio offerto ai molti pellegrini e visitatori che vengono in Terra Santa in cerca di ispirazione e rinnovamento sulle orme di Gesù. La storia del Vangelo, contemplata nel suo ambiente storico e geografico, diviene viva e ricca di colore, e si ottiene una comprensione più chiara del significato delle parole e dei gesti del Signore. Molte memorabili esperienze di pellegrini della Terra Santa sono state possibili grazie anche all’ospitalità e alla guida fraterna offerte da voi, specialmente dai Frati francescani della Custodia. Per questa servizio, vorrei assicurarvi l’apprezzamento e la gratitudine della Chiesa Universale».



Tappa conclusiva di questo pellegrinaggio e cuore della viaggio, la visita al Santo Sepolcro, dove Benedetto XVI ha ricordato la responsabilità delle Chiese e dei Cristiani di tutto il mondo di farsi annunciatori dell’unica speranza che non delude: «La tomba vuota ci parla di speranza, quella stessa che non ci delude, poiché è dono dello Spirito della vita (cfr Rm 5,5). Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi, a conclusione del mio pellegrinaggio nella Terra Santa. Possa la speranza levarsi sempre di nuovo, per la grazia di Dio, nel cuore di ogni persona che vive in queste terre! Possa radicarsi nei vostri cuori, rimanere nelle vostre famiglie e comunità ed ispirare in ciascuno di voi una testimonianza sempre più fedele al Principe della Pace. La Chiesa in Terra Santa, che ben spesso ha sperimentato l’oscuro mistero del Golgota, non deve mai cessare di essere un intrepido araldo del luminoso messaggio di speranza che questa tomba vuota proclama. Il Vangelo ci dice che Dio può far nuove tutte le cose, che la storia non necessariamente si ripete, che le memorie possono essere purificate, che gli amari frutti della recriminazione e dell’ostilità possono essere superati, e che un futuro di giustizia, di pace, di prosperità e di collaborazione può sorgere per ogni uomo e donna, per l’intera famiglia umana, ed in maniera speciale per il popolo che vive in questa terra, così cara al cuore del Salvatore».