Con la nascita di Internet, e soprattutto del World Wide Web nel 1991, è cambiato il modo di comunicare la scienza, di reperire e divulgare le informazioni e i risultati delle ricerche, di coltivare la rete di relazioni all’interno della comunità degli studiosi e con il pubblico esterno. Anche le discipline storiche hanno partecipato di questo mutamento digitale, tecnologico e comunicativo al tempo stesso. Le tradizionali forme della comunicazione disciplinare – le riviste, le monografie, gli incontri di studio – hanno trovato una sempre più frequente traduzione digitale, o “elettronica” che dir si voglia (si parla infatti di e-Journal ed e-Book), e una collocazione nella rete. Riviste e libri elettronici sono però – è bene ricordare – prodotti multiformi e spesso ibridi: se alcuni hanno fondamentalmente mantenuto le stesse caratteristiche del testo su libro, e sono quindi stampabili su carta, altri hanno introdotto elementi ipertestuali e multimediali (come file audio e video) che li rendono fruibili solo su un supporto elettronico. Accanto a questa forma di comunicazione tradizionale e referata che possiamo definire “con editoria”, grazie a Internet se ne è poi diffusa una nuova, “senza editoria”, che comprende pagine web dalle fisionomie e dai contenuti più disparati, quali cronologie, banche dati, repertori bibliografici e webliografici, dispense didattiche, blog, liste di discussione, paper di work in progress, progetti di ricerca, opera di professionisti della storia ma anche di molti amatori, e quindi di affidabilità assai diversa. La storia multimediale, l’e-History, è dunque ormai una realtà ampia e articolata.
Il mutamento digitale della comunicazione storica non è stato contrassegnato solo da elementi innovativi o da aperture positive, ma anche da alcune problematiche. Se il problema fondamentale che presenta la comunicazione “senza editoria” è infatti quello della verifica della sua validità, il nodo più dibattuto a riguardo della comunicazione “con editoria” è quello della libertà dell’accesso. E non si tratta di una questione di poco conto, considerate le rilevanti ricadute sociali oltre che culturali che essa comporta. Negli ultimi anni si è attivato un vasto movimento finalizzato a promuovere l’Open Access, ovvero l’accesso aperto alle risorse on line, nella fattispecie la letteratura scientifica validata, e quindi e-Journal ed e-Book che si vorrebbero disponibili in maniera libera e gratuita. Non è tutto: si parla di Open Education, cioè di risorse educative aperte (OER), e di Open Archive, vale a dire luoghi di conservazione dei materiali digitali, correlati da strumenti di spoglio e indicizzazione, sempre di libero accesso. Il tema è così sentito da sfociare recentemente in un’accesa discussione su Facebook che se ha evocato scherzosi dilemmi di carattere politico – gli e-Book sono di destra o di sinistra? – si è anche concentrata, in maniera più seria, sugli aspetti di reale apertura o di sostanziale elitarismo contenuti ad esempio nella recente imposizione ministeriale in merito all’adozione di libri di testo elettronici nelle scuole. La questione è complessa e in effetti suscita diversi interrogativi: chi avrà realmente accesso alle pubblicazioni elettroniche? quanta informazione e di quale valore sarà liberamente accessibile, e quanta invece rimarrà comunque a pagamento? Anche pubblicare in rete infatti ha i suoi costi e quindi l’opzione dell’Open Access non può essere un esito spontaneo, ma il frutto di meditate decisioni di politica editoriale, ma non solo. Accanto alle questioni comunicative, se ne pongono infatti altre di carattere giuridico e tecnico, quali il rispetto del diritto d’autore (la facilità del copia-incolla non deve far dimenticare che si incorre comunque nel reato di plagio), e l’esigenza di mantenere testi durevoli nel tempo, non manipolati, e quindi uguali a se stessi (oppure di conservare memoria delle modifiche apportate). E naturalmente deve essere garantito anche il mantenimento e la disponibilità degli strumenti di accesso al contenuto digitale, intendendo con ciò i dispositivi hardware e i programmi software, senza i quali non si può parlare di accesso alcuno, né libero né condizionato.
E-Book ed e-Journal possono dunque rivelarsi formidabili opportunità per il mondo della ricerca e della didattica storica universitaria, per l’editoria, per la scuola, e per gli enti preposti alla conservazione di fonti e letteratura (archivi e biblioteche), a patto che vengano assicurati requisiti fondamentali a tutela del testo e dei lettori.