Tutti conoscono Manzoni, sia che lo si stimi e che lo si rilegga ogni tanto, sia che non se ne apprezzi più l’opera. È interessante un giudizio di Tommaseo, che Giovanni Colombo, in un libro recentemente pubblicato da Jaca Book, Scritti sul Manzoni, fa suo: «Qualcuno ha definito Manzoni “un povero grand’uomo”; sono d’accordo perché tale è ogni cristiano». Il volume raccoglie gli studi del Cardinale arcivescovo di Milano dal 1963 al 1979 e le interviste da lui rilasciate nel 1985 in occasione del bicentenario della nascita dello scrittore. Docente di Letteratura italiana nel Seminario della diocesi e successivamente all’Università Cattolica, egli era convinto che gli studi letterari fossero un modo efficace per avvicinare la gente comune ai misteri della fede cattolica. La sua predilezione per l’opera manzoniana regala al lettore, anche a distanza di anni, non solo un esempio di finezza nell’interpretazione critica, ma anche interessanti spunti di riflessione sulla diversità di vedute tra i cattolici italiani dell’Ottocento in campo culturale e politico.



L’analisi svolta sui testi prediletti, gli Inni Sacri e I promessi sposi, mette in luce come molti episodi della storia personale e famigliare dello scrittore siano le fonti remote del suo pensiero e della sua produzione letteraria. È un approccio che mette in risalto il complesso rapporto tra poesia e vita in modo scorrevole, quasi colloquiale e sempre sostenuto da quella conoscenza non saccente che rivela una lunga e amorosa frequentazione, da quella discrezione che fa conoscere vicende personali non per curiosità, ma per meglio comprendere uomini e testi.



Tali le pagine sulla conversione del Manzoni, in cui il lettore troverà non poche sorprese: vengono precisati i passaggi di un processo che fu più complesso di quanto si sa sommariamente, compreso il ruolo avuto da Enrichetta Blondel.

Il cardinale Colombo descrive così la vita dei coniugi Manzoni:

Piissima sì, ma non bigotta. La sua pietà non pesava su nessuno, ma diveniva la forza che la faceva dimentica di sé per la soddisfazione e la gioia degli altri. In cima ai suoi pensieri, però, sta sempre il marito, dal quale non fu mai lontana un giorno, tanto che fra loro due non occorse nessuna corrispondenza epistolare. Lo assisteva vigile e tremante in ogni dolore; avveduta e pronta a supplire le insufficienze del genio nelle faccende della vita pratica; nascosta e felice, mentre egli ascende nei fulgori della gloria, colta e penetrante fino a comprendere le sue opere; squisita e affascinante fino a ispirargliele.



Si avverte nelle parole dello studioso grande stima della vita famigliare e della peculiarità della figura femminile nel matrimonio. È così che vengono rilette alcune parti della Pentecoste, Il Natale del 1833, le figure di Ermengarda e di Lucia.

La stessa stima, poco conosciuta e quindi facilmente derisa, è ancora rintracciabile in quella terra cristiana di cui fu pastore.