Lo ha raccontato a “La Stampa” Francesco Bartocci, l’unico sopravvissuto dei cinque tombaroli che parteciparono al ritrovamento del vaso di Eufronio, scoperto nel 1971 in una tomba etrusca di Cerveteri «Dopo quel lavoro non ho più partecipato a niente. Ne ho ricavato poco. Perché ero un aggiunto, non ero del mestiere. I titolari hanno preso qualcosa ma poi quando hanno saputo quanto era stato pagato il vaso, hanno capito di essere stati presi in giro».



Lo ha raccontato a “La Stampa” Francesco Bartocci, l’unico sopravvissuto dei cinque tombaroli che parteciparono al ritrovamento del vaso di Eufronio, scoperto nel 1971 in una tomba etrusca di Cerveteri. Ma i «titolari del lavoro», ovvero i tombaroli ufficiali – se ne sono accorti subito d’aver trovato «er tartufo». Il cratere dipinto nel VI a.C. dal più grande pittore di vasi del mondo ellenico, il greco Eufronio, fu recuperato in pezzi da una spedizione di cinque tombaroli. Il vaso fu poi venduto al Metropolitan Museum di New York, comprato dall’allora direttore Tomas Hoving al prezzo di un milione di dollari ed è tornato in Italia lo scorso anno.



Ora è esposto nel museo Etrusco di Villa Giulia. «Bisognò scavare un pozzo di cinque metri – ha aggiunto – Alla fine si trovò il selciato di una strada. Allora ricominciammo a scavare, questa volta un tunnel in orizzontale, lungo la strada per una ventina di metri. Scoprimmo cinque tombe». ‘«Prima la roba si vendeva meglio – ha sottolineato Bartocci – Adesso le leggi sono diventate più dure. Lo Stato controlla di più».

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