Le fiction sui santi tirano, si sa. Anche se, dei santi in questione, di santo c’è poco. Registi e sceneggiatori capiscono, del Santo, solo «il dramma umano», e quello rappresentano. Così che, in video, tra un santo cattolico e una brava persona non c’è differenza. Ed è già tanto se il regista e/o il soggettista non gabellano per agiografia le loro personali ideologie. O, se non ne hanno, il pensiero politicamente corretto. Se glielo fai notare, ti rispondono che stanno facendo una fiction, non un documentario. Ma allora perché non prendersela coi fanti e lasciare in pace i santi? Perché, abbiamo detto, i santi fanno audience. L’unica è cambiare canale, così che si levino il vizio. Con un gigante della fede (e della mistica) come s. Filippo Neri si è già misurato Luigi Magni in State buoni se potete e abbiamo solo visto Johnny Dorelli vestito da prete mentre Branduardi-Spiridione si esibiva in una delle sue più banali canzoncine. Un pretino sdrucito e filantropico contro l’arroganza della Chiesa controriformistica (con tanto di cardinale provvisto di amante minorenne). Scommetto quel che volete che anche quest’altra versione non si allontanerà dai precedenti di Bakhita e Moscati. E dire che, grazie alla tecnologia degli effetti speciali, i miracoli potrebbero essere ben mostrati. Senza miracoli, infatti, che Santi sono?
Filippo Neri ardeva d’amore per Cristo, tanto che si scottava la mano se la appoggiava sul petto (letterale: alla morte gli si trovarono due costole spostate per far luogo al cuore dilatato), andava in estasi a ogni messa levitando davanti a tutti e fu costretto a pregare Dio di smetterla perché si vergognava. Potremmo continuare. Ma ci piacerebbe sentire spiegato perché un fiorentino come lui si sia trasferito a Roma, proprio nel cuore della Controriforma.
Non pretendiamo che la Controriforma venga chiamata col suo giusto nome, Riforma cattolica, e che la c.d. Riforma protestante sia qualificata per quel che realmente fu: scisma ereticale. Cioè, visto che si parla di un santo cattolico, che le cose siano mostrate come le vedeva lui. Ma che almeno non ci si propini il solito cliché azionista-massonico dell’oscurantismo clericale contro cui si erge il don Mazzi della situazione.
Il braccio destro di s. Filippo Neri era il beato Cesare Baronio, che poi divenne cardinale sotto s. Roberto Bellarmino (gesuita, capo del Sant’Uffizio e Dottore della Chiesa) e consigliò al suo amico Galileo di smetterla di atteggiarsi a teologo per tornare a occuparsi di scienza. Consiglio che, com’è noto, Galileo non seguì. Filippo Neri era talmente «contro» che fu proposto all’episcopato e al cardinalato. Rifiutò per umiltà e non certo per superbia. Ed era talmente il santo «degli ultimi» che il suo Oratorio era frequentato dalla crema della nobiltà romana, che volentieri si mischiava ai poveracci all’ora delle rappresentazioni teatrali e musicali. E si metteva in fila, come tutti, davanti al suo confessionale.
Da tempo vado sostenendo (ma inutilmente) che le vite dei santi sono di per sé molto più spettacolari di una fiction. Ovviamente, bisogna conoscerle in modo approfondito e, anche, conoscere in modo altrettanto approfondito il quadro storico in cui si sono svolte. Ma finché registi e sceneggiatori saranno convinti di sapere «cosa piace alla gente» continueremo ad assistere a pizze insipide, noiose e, ma sì, clericali.