L’episodio è stato riportato ieri sul Corriere della Sera da Pierluigi Battista ed è servito come spunto al suo elzeviro intitolato: “Se contro intellettuali e libri si sfodera l’arma dell’ostracismo”. Si tratta di un libraio milanese che fuori dal proprio esercizio ha appeso un cartello sul quale annuncia l’indisponibilità a vendere l’ultimo libro di Bruno Vespa. Di qui una breve rassegna sui sempre più numerosi “casi” di guerra a suon di libri e censure. Non ultimo quello relativo allo scandalo, se così vogliamo chiamarlo, destato da Roberto Saviano all’indomani delle dichiarazioni rilasciate su Panorama ove afferma di essere un lettore ci Céline, Pound ed Evola, scrittori notoriamente di “destra”. Autore dell’intervista a Saviano è Pietrangelo Buttafuoco, che a nostra volta abbiamo deciso di intervistare per chiedergli un parere in merito alla vicenda.
Dottor Buttafuoco, come giudica il gesto di utilizzare come stendardo della propria attività la frase “non vendiamo l’ultimo libro di Vespa”?
Tutto ciò mi ricorda la celeberrima, ma ormai rimossa e affidata alla archeologia della memoria, frase appesa all’ingresso del ristorante di Piero Chiambretti. C’era un cartello che diceva la stessa identica cosa: «qui non si servono i dipendenti Fininvest». Fininvest, come allora si chiamava. E forse un’affermazione di questo tipo, letta alla luce dei tempi, può sembrare anche divertente o per lo meno sarcastica. In questo caso si verifica il moto contrario del meccanismo della logica di Carlo Marx per la quale i grandi fatti si presentano dapprima come tra come tragedia poi come farsa. Qui da farsa si rischia di passare a un atteggiamento sociale assai triste. Sono gesti insensati e patetici, soprattutto in un Paese che, con buona pace di tutti, è lungi dall’essere sotto una dittatura.
A questo proposito. È esagerato parlare di una dittatura nascosta del politically correct? O di un eterno scontro politico, destra e sinistra, che come ha detto Pierluigi Battista, usa come arma l’ostracismo?
Premetto che sono totalmente d’accordo con l’analisi riportata da Pierluigi Battista. Ma più che parlare di dittature, cosa che non fa nemmeno lui, credo che la tragedia culturale derivi piuttosto da una sorta di diffusa pigrizia. La critica verso l’avversario, l’ostracismo è oramai un riflesso condizionato dettato da una forma di pigrizia intellettuale che colpisce in primo luogo le elite di quella che dovrebbe rappresentare la casta sacerdotale degli “acculturati” e che tale non è. Oggi si tratta piuttosto di una casta di privilegiati. E come tutte le caste si arroccano su prese di posizione che inevitabilmente li rendono retrogradi e arretrati. Per quel che riguarda il ruolo della politica che Dio ce ne scampi. La politica faccia politica e cultura politica. Quelle che oggi percepiamo ancora come contrapposizioni ideologiche sono per fortuna pallidi fantasmi del passato che non fanno più paura a nessuno e possono soltanto soddisfare le ultime sacche di narcisismo che hanno ancora un margine di mercato editoriale.
Eppure lo scrittore Saviano si trova al centro di polemiche per aver dichiarato di essere un frequentatore della letteratura tradizionalmente di destra Pound e Julius Evola. Vincenzo Consolo ha rifiutato di sostenere un’iniziativa di Einaudi in favore dello scrittore
In realtà i motivi di questo ritiro non sono ancora certi. Se Consolo ha ritirato o meno il suo contributo per questo motivo non so se sia vero. Ma se è vero si è trattato di un gesto di imbecillità. Stimo Vincenzo Consolo e non lo reputo affatto un imbecille, ma giudico il suo gesto come un atto di imbecillità. Per chiudere il giudizio di prima sulla politica direi che si tratta di episodi che dal punto di vista culturale incidono davvero poco e sono il retaggio di una cronica provincialità che investe i supposti soloni del nostro Paese. Scaramucce che lasciano il tempo che trovano.
Esistono secondo lei dei canali privilegiati per la diffusione di un certo tipo di pensiero o di idee?
Io non credo tanto nei canali quanto nella professionalità di chi il pensiero lo diffonde. La professionalità non è una dote di per sé solo positiva. Esiste anche una professionalità della menzogna. È certamente vero che questa si afferma a maggior ragione quando dispone di un paracadute ideologico, ma, ripeto, si tratta sempre di più di forme marginali che oramai stanno raggiungendo una fase caricaturale.
Non sembra tanto preoccupato dalla censura o dall’ostracismo quanto dalla grettezza culturale dei tempi odierni. È così?
Il fatto è che ci si accapiglia sui problemi della censura quando oramai non si può censurare più alcunché. Le opere, i libri si censurano da sé. I prodotti che passano di moda o che non riescono a reggere il confronto con altri si auto annullano. A maggior ragione ciò accade nell’epoca del web. Nel mondo della rete, dove tutto è pubblicabile, tutto e il suo contrario, la censura è un argomento usurato, vecchio, che non esiste più. La vera minaccia per le idee, l’arte, la letteratura risiede piuttosto nella vastità del mondo virtuale, all’interno del quale davvero esiste tutto e il suo contrario. Sul web si può scrivere qualsiasi cosa e fomentare una divulgazione facile, priva di fonti e di verifica dei dati. Il rischio è la perdita di autorevolezza o la dispersione dei prodotti validi che si affacciano su internet a causa della pletora di contenuti.
Crede che la potenza contenuta in un’opera d’arte o in un’idea sia sufficiente a infrangere il muro della censura o del disinteresse? Viene in mente la recente pubblicazione del libro di Guido Morselli, “Il Comunista” scritto nel ’76, ma trascurato per anni dagli editori.
Guido Morselli è la dimostrazione che un’idea forte può riuscire a prevalere. La sua opera è riuscita a sopravvivere alla morte dell’autore e si è diffusa. Ai suoi tempi la censura era sì di stampo molto più ideologico che non oggi. Ma è inevitabile che anche oggi moltissime opere preziose si perdano e ciò dipende dal fatto che non trovano la possibilità di venire fuori in questo affollarsi di parole. Non è solo colpa del web. La dispersione di contenuti di cui parlavo prima riflette il vuoto culturale relativista dei nostri tempi. Mai come oggi, epoca di enorme appiattimento culturale, bisogna invocare le muse protettrici delle arti.
Quali sono secondo lei le cause che hanno portato a ciò che lei chiama appiattimento culturale?
Ne vedo solo una: è un’orrenda metastasi della democrazia. Il fraintendimento del principio democratico il quale ha reso possibile che chiunque, anche se non qualificato a farlo, possa dire la sua su qualsiasi cosa. Questo ha portato all’odierno clima relativista. Se Carmelo Bene fosse ancora vivo direbbe senz’altro che l’attuale panorama culturale è “condominiale”.