Già da qualche mese in libreria, non dovrebbe andare dimenticato il prezioso Ho visto morire il comunismo (Marsilio), raccolta di scritti di Renzo Foa, scomparso nel giugno 2009, già direttore dell’Unità poi editorialista del Giornale, condirettore del periodico Liberal e direttore di Liberal quotidiano. Un libro importante, voluto e curato da Anna Foa, sorella di Renzo e storica dell’età moderna, Gabriella Mecucci, giornalista e compagna di Foa, e Lucetta Scaraffia, storica e grande amica del giornalista romano.



Il libro, nato da un progetto che lo stesso autore aveva dovuto interrompere a causa della malattia che lo aveva colpito, vuol ripercorre alcuni momenti della storia del Novecento attraverso una selezione di articoli e saggi, di notevole qualità letteraria, raggruppati in tre nuclei: il racconto delle guerre del Vietnam e della Cambogia, che egli aveva seguito come inviato di guerra; le vicende dell’Est europeo (con la riproposta della celebre intervista a Dubcek) e di Cuba (con lo straziante racconto della vita di un dissidente); la analisi di alcune grandi personalità che hanno avuto a che fare con il comunismo e che hanno contribuito a cambiare la storia (da Arthur Koestler a Papa Wojtyla).



Ma Ho visto morire il comunismo non è solo un volume di storia e di politica. Adriano Sofri su Rebubblica lo ha giustamente definito “un’ autobiografia di fatto”. In questo senso ci viene in aiuto l’introduzione di Lucetta Scaraffia. In poche pagine, la studiosa ricostruisce il cammino politico e umano di Renzo Foa. Dalla nascita in una famiglia di irrequieti intellettuali di sinistra, Vittorio Foa e Lisa Giua, alla formazione comunista, alla carriera giornalistica, fino alla messa in discussione della militanza e l’inizio di una riflessione sulla fede. Le pagine della Scaraffia, meditate e al tempo stesso partecipate, colgono con fedeltà questi eventi e raccontano con sensibilità la conversione.



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Con alcuni amici eravamo rimasti colpiti dalla sua storia di noto giornalista che aveva deciso di abbandonare ogni sicurezza per seguire – come dice Scaraffia – un “cammino di ricerca della verità onesto e semplice”. Quando nel 2006 gli proponemmo di presentare la nuova edizione de il Rischio educativo di don Luigi Giussani egli accettò con entusiasmo, lasciandosi interrogare da quell’opera affascinante e difficile di fronte a una sala gremita e partecipe. Foa rimase colpito dall’incontro e decise di pubblicare su Liberal (allora bimestrale, marzo-aprile 2006) il suo intervento e quello della sua interlocutrice Mariella Carlotti.

 

Ci furono poi altre occasioni di incontro. Era affascinato dalla vitalità, ispirata prima da Giovanni Paolo II e poi da Benedetto XVI, del mondo cattolico. “Sembra – ci scriveva – che i temi antropologici e dei diritti umani abbiano assunto una nuova e diversa centralità (la vita, la morte, la famiglia, la sfera della bioetica) e che su questo fronte i cattolici abbiano preso in mano proprio quella bandiera della ragione (non solo, perciò, e non tanto in nome della fede) in passato brandita dal laicismo”. Il confronto con Cristo stava diventando ineludibile. Nessuna crisi mistica, ma un autentico desiderio di compimento attraverso il quale Renzo Foa è riuscito a “portare sino in fondo la ricerca di verità che aveva segnato tutta la sua vita”.

  

(Andrea Capaccioni)