Chiara Badano, beatificata a Roma il 25 settembre scorso, nasce a Sassello, nell’entroterra ligure, il 29 ottobre 1971 da Ruggero e Teresa Caviglia. I genitori per undici anni non riescono ad avere figli; dopo un pellegrinaggio alla Madonna di Ovada, Teresa rimane incinta: Chiara nasce dopo una gravidanza difficile e un parto complicato. Dal padre impara l’amore per la verità, il senso della giustizia e l’attenzione ai poveri; dalla mamma la dolcezza, la tenacia e la fede.
Nulla di speciale si segnala nella prima infanzia, se non l’attitudine che il Vangelo nota quando racconta dei due figli invitati dal padre ad andare alla vigna: come il secondo di essi, anche Chiara risponde di no, si tratti di dire le preghiere, di donare i giocattoli che non usa più ai bambini poveri o di apparecchiare la tavola. Ma poi ci ripensa, soppesa i termini della richiesta e decide in modo sicuro per il sì. La sua prima maestra delle elementari ricorda di aver avuto negli occhi di Chiara il suo punto di riferimento in classe. Il giorno della sua prima Comunione il parroco le regala un piccolo Vangelo, che per lei diventa una compagnia inseparabile.
Risale alla quarta elementare l’incontro di Chiara e dei suoi genitori con il Movimento dei Focolari. Le amicizie più significative d’ora in poi sono con gli aderenti al movimento. Le scuole medie la vedono impegnata e socievole, attenta soprattutto ai compagni più timidi. Decide di iscriversi al liceo classico di Savona, ma la quarta ginnasio è molto dura. Non la supera. E’ il primo dolore, che diventa l’occasione per vivere uno dei cardini della spiritualità di Chiara Lubich, l’amore a Gesù Abbandonato. Chiara ne fa il perno della sua esistenza: comincia cioè a privilegiare quel dolore patito da Gesù al termine della sua vita e riverberato in ogni pena che avverte in sé e in coloro che la circondano. Già nel 1983, quando la malattia che l’assalirà è ancora lontana, scrive alla fondatrice: “Ho scoperto che Gesù Abbandonato è la chiave per l’unità con Dio e voglio sceglierlo come mio sposo e prepararmi per quando viene”. Nella semplice giovinezza di Chiara tutto è serenità e vigore, anche il breve flirt con Luca, un ragazzo di Sassello.
L’autunno del 1988 è decisivo: Chiara avverte i primi insistenti dolori a una spalla. Gli esami rivelano la presenza di un tumore alle ossa. Viene ricoverata a Torino, ma la gravità della sua malattia non le viene rivelata, anche in occasione dell’intervento che rimuove il tumore. Lei è serena e convinta di potercela fare. L’intervento riesce, ma aggiunge nuovi dolori fisici.
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Comincia la chemioterapia a Torino, in un piccolo appartamento che il movimento dei Focolari ha messo a disposizione per evitare i lunghi viaggi da Sassello. Entrando in ospedale, Chiara legge la scritta “Reparto oncologico” e capisce. Per accettare la volontà di Dio ha bisogno di un po’ di tempo, come quando era bambina. Sono venticinque minuti di solitudine: il suo orto degli ulivi? Sua madre Teresa, testimone della lotta nel cuore della figlia, coglie nello sguardo il segno del sì. Poi anche altri, i medici, gli infermieri, gli amici, soprattutto l’amica del cuore Chicca vedono la tranquillità e la fortezza con cui porta dolori spesso lancinanti.
Quando può continua a studiare, a incontrare i suoi amici. A maggio un nuovo progresso della malattia le toglie l’uso delle gambe. Dona a un amico impegnato in Benin tutti i soldi ricevuti in dono per i suoi diciott’anni: così si compie il suo sogno di dedizione all’Africa.
In uno dei tanti ricoveri incontra il cardinal Saldarini, in visita agli ammalati. “Come fai a essere così serena?”, le chiede notando lo sguardo luminoso. “Cerco di amare Gesù”.
La malattia precipita nell’estate e Chiara rivela all’amica Chicca e alla mamma il desiderio che il suo funerale sia una festa. Chiede di essere vestita di bianco, indica le canzoni da eseguire. Pochi giorni prima della morte Chiara sente la misteriosa presenza del Maligno che vuole sprofondarla. L’aiuto della mamma la rincuora. La notte del 7 ottobre 1990, festa della Madonna del Rosario, muore. Le sue ultime parole sono per Teresa: “Mamma, ciao. Sii felice perché io lo sono”.