Pio XII è stato certamente uno dei maggiori papi dell’età moderna. Lo è stato innanzitutto per una penetrante capacità di lettura culturale della situazione in cui la Provvidenza lo aveva chiamato a vivere. Nelle sue encicliche, e soprattutto in quegli straordinari discorsi di Natale degli anni bui della seconda guerra mondiale che comunicano in modo cristallino e sintetico tutto il suo pensiero sociale, Pio XII ha letto la crisi irreversibile della modernità.
Di quella modernità che, come ci ha insegnato poi Giovanni Paolo II, nasce dalla presunzione dell’uomo di eliminare qualsiasi riferimento religioso e quindi qualsiasi riferimento cristiano e di sostituire a essa un’autoesaltazione, un’autorealizzazione fondata esclusivamente sull’intelligenza e la volontà. Ma l’espressione sistematica dell’intelligenza e volontà è stata chiamata ideologia e in quanto tale ha determinato un cambiamento della vita umana e sociale in senso, appunto, ideologico, portando ai grandi totalitarismi del XX secolo.
Pio XII ha letto questo fenomeno. Il fenomeno di un’umanità che lentamente ma inesorabilmente, costretta dentro i carceri delle ideologie, è stata espropriata della sua libertà, della sua dignità e della sua capacità di creare, della sua responsabilità e alla fine della sua stessa vita.
Tre quarti del mondo europeo, mentre Pio XII viveva la prima parte del suo pontificato, era oppressa da sistemi totalitari disumani. Il Papa non ridusse mai la forza del suo giudizio su tutti i totalitarismi: non solo su quello comunista, ma anche su quello nazifascista. Non solo. Indicò nella tragedia della seconda guerra mondiale la fine della modernità.
Chi legge i testi di Pio XII può rendersi conto che per lui il disastro umano, sociale, etnico, storico, del secondo conflitto mondiale era la fine dell’illusione di poter fare a meno di Dio, cioè di pensare che fosse possibile porre in essere nella storia un uomo o una società senza-dio, cioè contro Dio.
Ma Pio XII non lesse soltanto il fallimento della modernità. Incoraggiò la resistenza alla modernità che non era nelle formulazioni ideal-ideologiche cattoliche o anche solo nella intellettualità cattolica, ma in quel soggetto della grande resistenza ai totalitarismi che era la vita del popolo cristiano.
E questo è un punto fondamentale, perché permette di porre non nell’idea di razza, di progresso tecnologico o scientifico o di intelligenza umana la radice di questo popolo e della società, ma nel Mistero di Cristo reso presente nel Mistero della Chiesa. Per questo Pio XII fu padre del popolo cristiano, che, crollati i regimi totalitari, sarebbe diventato protagonista della ricostruzione della cultura e della società in tutta l’Europa Occidentale.
Come appare evidente leggendo i discorsi di Natale che ho già ricordato, il Papa ha chiaro che dal disastro della modernità si può uscire. Egli individua la crisi della modernità come un momento di passaggio, seppur ancora difficilmente definibile.
E individua la via di uscita non come un recupero astratto della cristianità dei secoli precedenti, bensì recuperando il senso di ciò che don Giussani definiva l’impegno dell’uomo con se stesso. Recuperando quindi il senso religioso dell’Uomo, nella riscoperta della radice dell’incontro con Cristo che lo apre a un desiderio autentico di verità, di giustizia e di bellezza il quale trova come luogo di educazione e realizzazione non le ideologie, ma la vita della Chiesa e della comunità cristiana. In questo senso Pio XII ha traghettato Chiesa e quindi in un certo senso l’umanità verso un tempo nuovo che certamente non ha visto.
Pochi si sono accorti che negli ultimi anni della sua vita, mi riferisco a quelli dal 1950 al 1958, Pio XII, che era stato inesorabile nella denuncia dei grandi totalitarismi, incominciò a scrivere contro quello che ha definito più di una volta “il modo americano di vivere”, cioè quello che ha distrutto l’Occidente dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Edonismo materialistico e istintivismo, per cui l’uomo deve e può fare tutto quello che si sente, l’equivalenza dell’eterosessualità con l’omosessualità o il fatto di affermare il diritto ad avere un figlio fino a comprarlo “al supermercato”.
Il Papa vide che se non si ritornava a un incontro con Dio si sarebbe creata una società basata su una ideologia diversa, ma pur sempre ideologica. La «tecnoscienza» di cui parla Benedetto XVI per esempio era già stata accuratamente prevista da Pio XII.
Formatore del suo popolo, capì che questo insegnamento alto doveva essere documentato nel mondo attraverso una grande esperienza di carità. Pio XII ha amato la sua gente di Roma fino a sporcare la sua veste bianca recandosi nei luoghi dei grandi bombardamenti angloamericani, ha impiegato risorse enormi per l’offerta di derrate alimentari, abiti e generi di necessità e ha sostenuto i poveri di tutta Europa. E’ stato un gigante della verità, e insieme un gigante della carità. Che di fronte a un uomo così, sulla base di una ricostruzione della Stasi (la polizia segreta della Repubblica Democratica Tedesca al soldo di Mosca), sia nata la menzogna del “silenzio connivente” di Pio XII nei confronti del nazifascismo e dell’Olocausto, dice tutta la miseria intellettuale e morale dell’Occidente. Dar corpo a questi fantasmi è segno di un’assoluta slealtà di carattere morale ed intellettuale.
A chi vede una disparità di atteggiamenti nella condanna di nazifascismo e comunismo nel pontificato di Pio XII basta ricordare due fatti. Il primo è che nel 1948, ’49 e ’52, quando il Santo Uffizio in Italia (non in tutto il mondo) vietò la partecipazione alle associazioni comuniste, il fascismo e il nazismo erano già morti. Pio XII invece condannò da subito e fermamente in tutto il suo pontificato l’eugenetica, il razzismo e le violenze che il regime nazista praticava. Addirittura fece cardinale nel 1946 il vescovo Clemens von Galen, vescovo di una piccolissima diocesi che fu feroce oppositore di Hitler durante tutto il periodo del Reich definendolo «il leone di Dio». Mi sembra che questi fatti valgano più di molte analisi spesso viziate, come già ricordavo, da slealtà intellettuale.