Poco prima di Natale è morto Peter Murdza (1954-2009), parroco a Nitra. La sua storia è narrata in un libro (Zapas o nadej) che raccoglie le biografie di 6 amici sacerdoti, ordinati clandestinamente in Slovacchia durante il totalitarismo comunista, tutti membri della Comunità Fatima. L’aspetto singolare di questa iniziativa della Chiesa clandestina slovacca è che aveva come scopo principale quello di aiutare i cristiani in URSS, nonostante avesse già dei grossi problemi col regime comunista in patria.
La storia della comunità inizia nel 1943 con l’arrivo in Slovacchia di padre Kolakovic, in fuga dalla Jugoslavia, che inizia a svolgere apostolato fra gli studenti delle superiori, a Bratislava. Due ragazzi sono particolarmente attratti dal prete: Vlado Jukl e Silvo Krcmery. Ricorda Vlado: «Partecipavo alle sue lezioni di filosofia e teologia che mi aiutavano sia dal punto di vista spirituale che intellettuale. Il suo intento principale era l’evangelizzazione della Russia: per questo viveva e per questo ci preparò… Kolakovic prevedeva quel che sarebbe accaduto dopo la vittoria dell’Armata Rossa. Ci insegnò alcune cose fondamentali per superare gli interrogatori, facevamo anche le prove: lui sceglieva uno studente e lo “interrogava”». Quello che agli studenti sembra un gioco, nel giro di pochi anni diventa dura realtà: dopo il colpo di stato comunista del 1948, infatti, anche in Slovacchia la Chiesa viene sottoposta al regime e qualsiasi attività missionaria è considerata illegale.
Passato il ventennio buio dello stalinismo, all’inizio degli anni Settanta attorno a Silvo e Vlado, tornati di nuovo in libertà dopo lunghi anni di detenzione, si raccoglie un gruppo di giovani sensibili al messaggio di Fatima. Nel luglio ’74 i due amici, assieme ai ventenni Rudolf Fiby ed Eugen Valovic, fondano un gruppetto stabile i cui aderenti fanno la promessa di povertà, castità e obbedienza, lavorano «nel mondo» e allo stesso tempo svolgono apostolato. L’unità con la Chiesa è garantita dal vescovo Korec: «Inizialmente doveva essere una comunità di laici, ma poi si è capito che era bene ci fosse anche qualche sacerdote». Uno c’è già: Vlado, consacrato in segreto dallo stesso Korec.
La nascente Comunità Fatima intende aiutare la presenza della Chiesa con modalità simili ai religiosi oblati, senza dimenticare l’originale intento missionario verso la Russia: pur rischiando di più, gli slovacchi possono viaggiare in URSS come turisti e introdurvi letteratura religiosa con minori complicazioni rispetto ai cristiani occidentali, riescono ad allacciare contatti personali e perfino a tenere esercizi spirituali in segreto.
Negli anni Ottanta la comunità Fatima pubblica diverse riviste samizdat, organizza raccolte di firme per la libertà religiosa, aiuta ad organizzare i pellegrinaggi. È costante l’attenzione ai giovani: si moltiplicano i gruppetti di studenti universitari (che si incontrano in quelle che cospirativamente chiamano «feste»), coordinati da Vlado cui subentrerà Peter Murdza. Peter, laureato in elettronica, entra nella comunità Fatima nel ’76, e mette da subito a disposizione la propria casa per ricavare il primo deposito segreto di testi clandestini, cui si aggiungerà una mini-tipografia nascosta tanto ingegnosamente nel sottosuolo che la polizia non è mai riuscita a scoprirla. Consacrato sacerdote nell’87, ha continuato a lavorare come tecnico nelle telecomunicazioni: «La nostra comunità era da sempre orientata ad aiutare i cristiani in Russia… Ci dividemmo quell’enorme territorio: ognuno era responsabile di una zona. Oggi tutto questo può far sorridere…». Come in una sorta di Risiko religioso, a lui tocca l’Asia centrale sovietica. Sceglie come nome in codice «Vendelin», in onore del primo rettore del Russicum, p. Vendelin Javorsky, grande figura di missionario.
Altri sacerdoti clandestini si aggiungono: il citato Fiby, matematico e cibernetico, consacrato presbitero nel febbraio ’78 a Cracovia, il quale ricorda fra gli altri «gli incontri con la gente di Comunione e Liberazione: la nostra comunità e questo movimento avevano uno sguardo simile sulle questioni religiose e pubbliche». Josef Guncaga, medico, in Fatima dal ’77, consacrato nell’82 e attualmente missionario in Russia. Poi ancora Ladislav Stromcek, il più giovane dei 6 amici, laureato in elettronica, in comunità dall’83 e sacerdote dall’88, che passava informazioni sulla situazione religiosa slovacca alle radio occidentali. Infine Frantisek Novajovsky, che pur non essendosi potuto immatricolare alla facoltà teologica perché si era rifiutato di fare l’informatore per la polizia, viene consacrato clandestinamente nell’86, e attualmente è rettore del Pontificio Collegio slovacco a Roma.
Dopo l’89, da «Fatima» sono nate altre iniziative ispirate alla dottrina sociale, e dalla Slovacchia la comunità si è diffusa in altri paesi, compresa la Russia, l’antico sogno di Kolakovic.