Mosca sta già preparandosi alle celebrazioni per il 65° anniversario della Vittoria, forse il solo evento storico che accomuni realmente tutta la popolazione russa, e che la retorica di regime non sia mai riuscita a inquinare del tutto. Per i russi la memoria della seconda guerra mondiale – la Grande Guerra Patria, come la chiamano – resta comunque la memoria di un sacrificio vissuto letteralmente fino all’ultimo villaggio, fino all’ultimo palmo di terra, uomo per uomo, donna per donna, e l’orgoglio di una vittoria realmente guadagnata dal popolo.



Il regime ha sempre cavalcato questi sentimenti e non vi rinunzia certo oggi, in una situazione culturale confusa e tormentata, sovente caratterizzata dalla delusione per il presente (gli scarsi risultati della squadra russa alle Olimpiadi di Vancouver si sono trasformati in una sciagura nazionale), e dalla ricerca – per converso – di sicurezze e valori positivi di riferimento. La tentazione di rifugiarsi nella grandezza del passato sovietico, o meglio nella sua mitologia, è forte.



Anzi, è più che una tentazione: la Commissione statale «contro le falsificazioni della storia ai danni degli interessi dello Stato russo» istituita da Medvedev nel maggio scorso, le proteste ufficiali contro la risoluzione OSCE sui delitti del nazismo e dello stalinismo in luglio, la revisione dei manuali scolastici di storia lasciano vedere una ben precisa politica in questa direzione.

Striscioni, manifesti e bandiere di cui solitamente è pavesata Mosca per il 9 maggio, quest’anno si moltiplicheranno (con scritte sia in russo che in inglese, per gli ospiti da fuori), ma la notizia che più sta facendo sensazione è un annuncio dato dal sindaco Lužkov nei giorni scorsi: tra i protagonisti della guerra ricomparirà in forma massiccia la figura di Stalin. Questo – ha specificato Lužkov, per «motivi di oggettività che ci inducono a non cancellare dalla storia nessuna personalità». Anzi, per «motivi di oggettività» è stata prevista un’apposita sezione tematica sul «Ruolo del Comandante supremo nella Grande Guerra Patria».



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Formalmente, a chiedere il solenne rientro di Stalin è stato il presidente del Consiglio dei veterani di Mosca, Vladimir Dolgich: «I falsificatori della storia tentano di sminuire il ruolo di Stalin nella vittoria – ha asserito – invece i veterani di Mosca, pur condannando le repressioni, apprezzano i risultati ottenuti sotto la guida di Stalin». E la richiesta ha ottenuto la ratifica definitiva del sindaco il 2 marzo scorso.

La decisione ha sollevato tuttavia diverse proteste, e non soltanto tra i difensori dei diritti umani. Boris Gryzlov, portavoce della Duma di Stato e dirigente del partito «Russia Unita» ha dichiarato che «il vincitore non è Stalin, bensì il popolo. È il popolo, sono i veterani che hanno conseguito questa vittoria, i protagonisti da celebrare».

 

L’Associazione Memorial ha immediatamente diffuso un comunicato in cui si sottolinea che «la comparsa dei ritratti di Stalin nel Giorno della Vittoria offende la memoria dei caduti. Infatti – prosegue il testo – i soldati sovietici non andarono in battaglia perché l’aveva ordinato loro il Duce, né per difendere il Politburo e il Segretario generale al Cremlino. Essi difesero la Patria dall’invasione straniera, difesero un paese che i capi comunisti avevano spinto sull’orlo della catastrofe».

 

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 «La fermezza, il coraggio e i sacrifici della gente, che difese la Patria negli anni di guerra, erano e restano patrimonio spirituale di tutto il popolo, e nessuno ha il diritto di manipolare questo patrimonio a proprio piacimento. Il tentativo di attribuire questo patrimonio al nome di Stalin non è altro che un’azione di sciacallaggio e una profanazione».

  

«La trovata dei ritratti è il proseguimento della strisciante riabilitazione dello stalinismo», denuncia ancora Memorial, osservando che non verrà invece ricordato «ciò che effettivamente fu opera delle mani di Stalin, vale a dire il terrore di massa nell’esercito nel 1937-1938; l’eliminazione di decine di migliaia di militari, dai soldati semplici ai generali; l’alleanza con Hitler prima della guerra, di cui fu diretta conseguenza la tragedia dell’estate-autunno 1941; i milioni di vite pagate dal popolo nel corso della guerra per crimini ed errori del Duce. Fu il popolo a vincere la guerra, nonostante tutti i crimini di Stalin. La vittoria fu conseguita a un prezzo mostruoso, di cui a tutt’oggi non si è ancora preso pienamente coscienza».

 

Il comunicato di Memorial si conclude con un appello all’opinione pubblica: «Se i ritratti di Stalin appariranno davvero per le vie di Mosca, faremo tutto quello che dipende da noi perché simultaneamente appaiano altri cartelloni, manifesti e poster, sui crimini del tiranno e il suo vero posto nella storia della Seconda guerra mondiale. Siamo certi: centinaia di abitanti di Mosca, figli e nipoti di quanti hanno combattuto al fronte, di coloro a cui realmente appartiene la vittoria, ci aiuteranno in questo».