«Per ucciderli si è dovuto spiegare che i kulaki non erano uomini. Sì, come quando i tedeschi dicevano: i giudei non sono uomini. Allo stesso modo Lenin e Stalin: i kulaki non sono uomini. Ma questa è una menzogna! Uomini! Uomini erano. Tutti uomini».

È una delle frasi più scandalose e impegnative di un libro sconvolgente e stupendo, il Tutto scorre di Vasilij Grossman; è la denuncia implacabile della menzogna delle due ideologie totalitarie del XX secolo, che hanno potuto distruggere milioni di esseri umani perché prima avevano sostituito alla reale umanità di ciascuna di quelle vittime l’immagine mistificante dell’ideologia: sottouomini gli ebrei cancellati nella Shoah e nemici del popolo i contadini che in Unione Sovietica tra il 1930 e il 1933 sarebbero stati sacrificati in una delle più spaventose carestie artificiali della storia.



È lo scandalo di un parallelo tra le due ideologie proposto da un autore, ebreo e comunista, che ha avuto la madre massacrata dai nazisti, ma è anche l’impegno e la sfida proposta alla nostra ragione che si chiede come sia stato possibile tutto ciò nel secolo che si illudeva di creare il paradiso in terra.

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Chi fu il colpevole? Una ideologia, quella nazista, chiaramente malvagia? Un’ideologia apparentemente buona, quella comunista, ma applicata male? «Colpevoli erano quelli che riducevano una madre al punto di mangiare i propri figli. Ma credi che si trovasse il colpevole? Hai voglia a cercarlo…È per fare il bene, il bene dell’umanità che loro hanno ridotto le madri a quel punto».

 

È ancora Grossman che non lascia assopire la ragione: non è in questa o in quella ideologia che possiamo trovare il colpevole, non è questa o quella circostanza esteriore opprimente o quel particolare sistema oppressivo che può fornirci un alibi: ci hanno costretti a fare il male, ci hanno ingannati. No, il male lo compie ogni singolo uomo, la responsabilità è sempre della persona, che si illude di poter arrivare al bene compiendo personalmente il male.



 

Ma perché gli uomini hanno fatto questo in una misura quale non era mai stata vista prima?

 

«Sapete voi cosa c’è di più ripugnante nei confidenti e nei delatori? Quel che di cattivo c’è in loro, penserete voi. No! Il più terribile è ciò che v’è di buono in loro; la cosa più triste è che sono pieni di dignità, che sono gente virtuosa. Questo appunto è il terribile: molto, molto di buono v’è in loro, nella loro stoffa umana».

 

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È l’ennesima provocazione di Grossman a un mondo che sembra voler imporre a tutti l’idea che non esiste la verità, senza rendersi conto che proprio da questa negazione è nato il male radicale del XX secolo, incapace di distinguere il bene dal male, incapace di vedere, allora come oggi, che «il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più» (H. Arendt).

 

Rileggere il Tutto scorre di Grossman (appena rieditato da Adelphi) è un’impresa tonificante per la nostra ragione anestetizzata, ed è anche sorprendentemente una ripresa di entusiasmo in un mondo che sembra scoraggiarci con il suo nichilismo disorientante: se tutto dipende, nel bene come nel male, dalla persona e dalla sua libertà, perché non ricominciare a vivere?