Siamo all’8 marzo, e vogliamo celebrare questa data con un salto in un modo insolito: intervistando l’autore di un libro che lascia parlare donne che vivono in situazioni particolari la loro femminilità o che la giudicano a partire da una prospettiva professionale. Il libro, Il cuore e la carne. Storie di donne (Ed Cantagalli) osa mettere accanto a due note femministe, Paola Tavella e Alessandra di Pietro, quattro suore di clausura; e unisce in una tavola rotonda una psichiatra buddista, la responsabile delle diagnosi prenatali della clinica Mangiagalli e un primario ginecologo. Ne nasce un mix esplosivo, almeno così può apparire, perché si mettono a contatto delle visioni diverse e per alcuni anche ostili. Ma serve a capire il mondo delle donne? Ne parliamo con l’autore, Carlo Bellieni



Come nasce un libro sulle donne da parte di un pediatra?

Curando i bambini si viene a contatto con centinaia di mamme, e si scopre che sono ben diverse da come le rappresenta la TV o la vulgata comune. Per questo ho voluto farle parlare, scegliendo donne che vivono ipotesi culturali distanti, per vedere se c’è un tratto comune. E sorprendentemente femministe e suore si sono rivelate più vicine di quanto pensassi: accomunate da una forza d’animo e dalla certezza che la loro femminilità non deve essere ridotta a cliché consumisti o pubblicitari. E le dottoresse che hanno trattato dei problemi di salute femminile e di temi etici di inizio vita hanno mostrato un’enorme vicinanza pur provenendo da mondi culturali diversi.



La femminilità delle suore può apparire una contraddizione

Invece no, se si guarda all’interno dell’ottica del nostro approccio. La femminilità non significa unicamente sesso, ma un modo di accogliere, guardare, conquistare, costruire tipico del genere femminile, che le suore ben incarnano. Così come lo incarnano le femministe, che nel libro parlano della mercificazione pubblicitaria del corpo femminile.

Che messaggio esce dai media?
 

Un’immagine appiattita: donne uguali l’una all’altra che invitano altre donne ad assomigliare ad un ideale di donna inesistente. La donna è mercificata e reificata, e questa perdita di dignità è inaccettabile per le donne. Purtroppo devono subire questa violenza sin da bambine. Ed è il preludio di tanti altri soprusi.



 

E qual è il punto che accomuna le dottoresse, che ci diceva provenire da esperienze culturali diversissime?

 

Il partire dal dato di fatto e non dal pregiudizio. Da questo punto di vista sono state una rivelazione che ha mostrato come gli schemi pro-life contro pro-choice siano vecchi e sorpassati. E’ chiaro oggi che nessuno può negare che per la scienza la vita umana inizia col concepimento, che il feto è un paziente che prova sensazioni, vive e ricorda; d’altra parte nessuno può negare che la maternità in quest’epoca in particolare è difficile molto spesso, e la donna si ritrova spesso sola e la politica e la società spesso l’abbandonano. La psichiatra la ginecologa e l’ostetrico che abbiano intervistato nella tavola rotonda hanno mostrato proprio questo come inizio di un possibile dialogo e di una possibile costruzione: riconosciamo i dati di fatto e partiamo insieme senza pregiudizi per un modo che rispetti tutti; non un mondo che aiuti tutti a disfarsi del più debole (feto o donna che sia), ma un mondo che rispetti chi fa fatica e lo metta al primo posto.

 

Per concludere, qual è il messaggio principale che ci danno le donne che ha incontrato?

 

Non omologarsi alla mentalità comune, non lasciarsi disegnare come deboli e solo bisognose di trovare rifugi e scappatoie dalla responsabilità. Alle donne oggi si offre come abortire, come non avere figli, come non creare una famiglia, mentre loro vorrebbero proprio l’opposto, Non c’è donna a quindici-venti anni che non sogni una famiglia numerosa e poi a quaranta si ritrova invece con un figlio massimo due, magari con un divorzio e tanti rimpianti. Le donne vogliono più impegno sociale per essere lasciate libere di costruire il loro futuro lavorativo e familiare, di madri, lavoratrici e costruttrici di una società giusta. Pensare che il loro diritto sia solo quello di abortire o di appiattirsi su modelli maschili le ridicolizza e lascia insoddisfatte.