All’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle, da ogni parte le Crociate sono state invocate come causa remota a spiegazione dell’odierno terrorismo islamico, fino al consolidarsi di un’opinione pubblica così sintetizzabile: “Durante le crociate un mondo cristiano imperialista ed espansionista devastò, saccheggiò e colonizzò un Islam pacifico e tollerante” (13). Ma fu davvero così? Per rispondere a questa domanda, il sociologo della religione e docente di Storia delle Scienze Sociali Rodney Stark si lancia in una dettagliata disamina di come realmente si svolsero i fatti. Con il caratteristico stile avvincente ed il piglio incurante del politically correct, familiare ai lettori di La vittoria della Ragione e Ascesa e affermazione del cristianesimo, Stark distilla in dieci agili capitoli il lavoro di numerosi storici delle crociate, offrendo al grande pubblico una visione d’insieme chiara ed appassionante.



Per situare le spedizione degli “eserciti di Dio” nel loro contesto storico, il sociologo americano prende le mosse dall’avvento stesso dell’Islam, col discorso d’addio di Maometto ai suoi seguaci: «Mi è stato ordinato di combattere tutti gli uomini fin quando non diranno: ‘Non c’è Dio se non Allah’» (21), e spende le prime cento pagine a raccontare 600 anni di conquiste ed invasioni islamiche. Pagina dopo pagina, Stark sfata uno dopo l’altro i più classici miti sulle crociate, da quello della superiorità culturale, tecnologica e militare del mondo islamico sulla rozzezza dei barbari europei, a quello che spiegherebbe la partenza dei crociati con la brama di ricchezze, terre, e bottino, per lo più da parte dei secondogeniti della nobiltà europea, senza gloria e senza averi.



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Mostrando senza reticenze le contraddizioni tipiche del mondo medievale, in cui cavalieri e nobili cristiani “erano tremendamente violenti, pronti a commettere i più orrendi peccati e al tempo stesso traboccanti di autentico sentimento religioso” (126), Stark innesta il rivoluzionario appello di Urbano II a Clermont (1095) nella tradizione millenaria del pellegrinaggio. Emerge così come furono proprio la volontà di espiazione e il desiderio di salvezza eterna a sospingere la marcia verso la Terra Santa di centinaia di migliaia di uomini, che non esitarono a mettere a repentaglio la propria vita e ad impiegare largamente delle proprie fortune in risposta all’appello papale.



 

La dettagliata trattazione manca purtroppo di un inquadramento all’interno del quadro della Chiesa medievale, interessata in quel periodo da fenomeni come l’ascesa dell’autorità papale, la nascita di movimenti di riforma e l’affermazione di una vitale religiosità laica, che senz’altro contribuirono all’insorgere delle crociate. D’altra parte, la formazione sociologica dell’autore permette di guardare ad alcuni aspetti chiave della storia delle crociate in maniera nuova – penso ai meccanismi di arruolamento per la crociata e alla selezione di chi, a conquista ultimata, si insediava permanentemente nei territori. Alla luce della letteratura che analizza il reclutamento dei membri dei grandi movimenti sociali, Stark mostra come non furono singoli individui, ma poche famiglie strettamente legate tra loro a dominare l’impresa delle crociate e ad assicurarne la continuazione lungo il corso di due secoli.

 

Tra storie di pellegrini e cavalieri, monaci e Templari, re e sultani, prende corpo la tesi centrale del saggio: le crociate avvennero come risposta “alle continue provocazioni dei musulmani”, animate da uomini che, lungi dal rappresentare il primo esempio di colonialisti europei ante litteram, credevano sinceramente “di combattere nei battaglioni di Dio” (336).

 

(Martina Saltamacchia)

 

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Introduzione – Avidi barbari in cotta di maglia?

Cap. 4 – Pellegrinaggi e persecuzioni