Comincia domani, 10 aprile, la nuova ostensione della Sacra Sindone. Il Sudario potrà essere visitato dal pubblico fino al 23 maggio. Il 2 maggio si recherà in visita il Santo Padre Benedetto XVI, nell’ambito della sua visita pastorale alla città di Torino. Questa esposizione della Sindone segue quella del Giubileo del 2000 e quella del 1998; la precedente risale a vent’anni prima, cioè al 1978.



Dalle prime testimonianze accertate, intorno alla metà del XIV secolo, cioè quando Geoffroy de Charny depositò nella sua chiesa di Liray, in Francia, il lenzuolo, fino al restauro conservativo del 2002, la Sindone racconta una lunga storia. Ilsussidiario.net la ripercorre con Gian Maria Zaccone, vicedirettore del Centro internazionale di Sindonologia e direttore del Museo della Sindone.

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Negli anni intorno al 1356, a Lirey in Francia, un nobile personaggio, Geoffroy de Charny, all’epoca una delle figure di rilievo del Regno di Francia, depositava presso la chiesa da lui stesso fondata un lungo lenzuolo di lino sul quale si poteva vedere quella che venne subito interpretata come l’impronta di Cristo crocifisso e morto.

È questa la data a partire dalla quale la Sindone che nel 1578 giungerà a Torino presenta una storia documentata, tale da permettere di ricostruirne con certezza spostamenti e vicissitudini, in modo da escludere la possibilità che vi sia stata una qualsiasi sostituzione, da allora sino ad oggi.

 

Il periodo della Sindone a Lirey è accompagnato da una significativa presenza di testimonianze documentarie e iconografiche, che testimoniano l’interesse immediato suscitato dalla sua comparsa, pur tra le questioni e perplessità suscitate dall’insolito e particolare oggetto.

 

Ceduta dall’ultima discendente di Geoffroy ai Savoia nel 1453, la Sindone rimase di loro proprietà sino al 1983, quando fu destinata per testamento da Umberto II di Savoia alla Santa Sede. Nel 1506, anno in cui ne vennero approvati il culto pubblico e l’ufficio, la Sindone fu stabilmente riposta nella Sainte-Chapelle di Chambéry. Qui la notte del 4 dicembre 1532 scoppiò l’incendio dal quale il Lenzuolo fu salvato a fatica, ma non prima che si verificassero i danni ancor oggi ben visibili.

 

Tornata a Chambéry dopo il lungo peregrinare dovuto all’occupazione del Ducato sabaudo durante le guerre tra Francesco I e Carlo V in cui fu coinvolto il duca Carlo II di Savoia, nel 1578 la Sindone venne spostata a Torino. Fu Emanuele Filiberto, nella sua opera di riorganizzazione del Ducato, a trasferire il centro di comando dei suoi domini a Torino, e con questo anche la Sindone, considerata il “palladio” legittimante della casa e dello Stato.

 

Dopo varie collocazioni provvisorie, nel 1694 il Lenzuolo trovò la sistemazione definitiva nella Cappella del Guarini. Lì è stata, salvo alcuni periodi nei quali fu messa al sicuro da pericoli bellici, sino al 1993, quando, per permettere i restauri della Cappella, è stata trasferita nella teca dietro l’altar maggiore del Duomo. Di qui è stata asportata la notte dell’11 aprile 1997, a seguito dell’incendio che ha gravemente danneggiato la Cappella del Guarini, ed ha anche minacciato l’integrità del Lenzuolo, rimasto comunque fortunatamente indenne.

 

 

Al termine dell’ultima ostensione (2000) il Lenzuolo è stato definitivamente sistemato, completamente disteso, nella sua nuova teca – lunga oltre cinque metri, che permette di garantire i necessari parametri ambientali e di sicurezza per una sua ottimale conservazione. La teca a sua volta è stata collocata nella cappella del transetto sinistro del Duomo di Torino, appositamente ristrutturata per contenere anche i complessi apparati che consentono di mantenere i parametri citati.

 

Nel 2002 il programma scientifico per la conservazione della Sindone è stato completato con gli interventi autorizzati dalla Santa Sede che hanno liberato la Sindone dalle tensioni dovute ai restauri effettuati Clarisse di Chambéry nel 1534, su cui nel tempo si erano inseriti numerosi ulteriori interventi, che avevano reso estremamente instabile l’insieme Sindone-toppe-telo di rinforzo.

 

L’esistenza della Sindone è stata scandita nel tempo dalle ostensioni, sino al ‘700 periodiche, ed in seguito celebrate solo più per solennizzare eventi dinastici o di particolare rilievo. Durante l’ostensione del 1898 Secondo Pia ebbe l’autorizzazione di effettuare, per la prima volta nella storia, la fotografia della Sindone. Il risultato, che come noto rivelò l’insospettato comportamento di negativo fotografico dell’impronta sindonica, diede origine alla stagione degli studi scientifici sulla Sindone. Nel secolo scorso la Sindone è stata pubblicamente esposta nel 1931, 1933, 1978, 1998 e 2000. È inoltre da ricordare l’ostensione televisiva del 1973. La prossima ostensione è prevista per la primavera 2010.

 

 

Per quanto riguarda invece il periodo precedente alla comparsa in Francia, non abbiamo alcuna certezza, ma solo un certo numero di ipotesi che presentano dei risvolti abbastanza interessanti, soprattutto come spunti di ricerca, nel tentativo di accertare la compatibilità, dal punto di vista storico, con la tradizione che vuole essere la Sindone il lenzuolo funerario di Cristo.

 

A parte le testimonianze piuttosto generiche ma abbastanza concordanti circa la possibile conservazione del corredo funerario di Cristo, la ricerca storica oggi tende ad approfondire l’ipotesi che la Sindone possa in qualche modo essere collegata al venerato “Mandilion” di Edessa. Come noto il “Mandilion” è tradizionalmente un piccolo asciugamano contenente l’immagine del volto di Cristo. Un’antica tradizione vuole che l’impronta sia stata miracolosamente impressa dallo stesso Gesù.

 

Alcune ricerche hanno tuttavia portato ad evidenziare delle fonti che farebbero pensare che quel “Mandilion” fosse di dimensioni ben maggiori, e che non custodisse solo la figura di un volto, ma anche quella di un corpo, mentre altri testi ipotizzano che l’immagine si fosse formata durante la passione per effetto del sudore e del sangue. Su queste basi è stata presa in considerazione l’ipotesi che il “Mandilion”, pur conservando l’impronta di un intero corpo, sia stato ripiegato in modo da offrire alla vista solo il volto. In questo modo l’ipotesi di un’identità tra Mandilion e Sindone diventerebbe suggestiva, anche se al momento sussistono serie obiezioni a tale interpretazione.

 

 

Nel 1203-4, durante la IV crociata, il cavaliere piccardo Robert de Clari afferma di aver venerato in una chiesa di Costantinopoli una sindone sulla quale era visibile l’impronta di tutto il corpo di Gesù. Dopo il saccheggio della città tuttavia tale Sindone scomparve, e, continua Robert de Clari, non se ne ebbero più notizie.

 

Dai dati che abbiamo non possiamo con sicurezza affermare che si trattasse della stessa Sindone che apparirà più tardi in Francia, però la notizia è egualmente molto interessante in quanto documenta con certezza l’esistenza di una Sindone figurata a Costantinopoli. Non si deve sottovalutare in questo senso una miniatura di area bizantina, contenuta in un codice della fine del XII secolo, il cosiddetto Manoscritto Pray, dove nelle due scene giustapposte della sepoltura di Cristo e della visita delle mirofore sembrano potersi cogliere espliciti riferimenti alla Sindone oggi a Torino.

 

Ma ipotizzando che quella descritta da Robert de Clari fosse la Sindone che giungerà in Francia, quale può essere stato il percorso? Due sono le ipotesi su cui si è maggiormente soffermata l’attenzione degli studiosi. Quella legata ad un possibile intervento dei Templari poggia su basi documentarie assai labili e pare al momento difficilmente percorribile.

 

La seconda, più interessante, confortata da documenti tuttavia ancora da verificare nella loro completezza, presuppone un passaggio in Grecia, dove vi furono insediamenti importanti di feudatari latini, tra cui i citati Charny.

 

 

Dobbiamo, quindi, constatare che sulla base delle fonti documentarie che certamente si riferiscono alla Sindone di Torino non possiamo andare, da un punto di vista strettamente storico, oltre la metà del XIV secolo.

 

Tuttavia questo silenzio delle fonti non si può interpretare quale inappellabile sentenza circa l’impossibilità di far risalire la Sindone ad epoca anteriore a quella medievale, anche perché, come si è visto, alcune piste di indagine sono aperte ed invitano a ricercare ulteriori elementi. Né va dimenticato che alcuni elementi relativi all’iconografia del Cristo ed alle antiche rappresentazioni della sua sepoltura sembrano contenere un rimando suggestivo alla Sindone di Torino.

 

Altre strade, quindi, sono state battute e devono essere battute, specialmente considerando l’esigenza del confronto diretto con il Lenzuolo, dal quale principalmente dobbiamo attendere delle risposte agli interrogativi di carattere scientifico.

 

(Gian Maria Zaccone)