Di tutti gli ambiti che affascinano gli appassionati di storia e archeologia, sicuramente l’antico Egitto, ormai da secoli è la materia più “aggredita”. La storia dell’egittologia, infatti, è costellata di strane figure, come il gesuita del XVII secolo Athanasius Kircher, che credeva di essere in grado di tradurre i geroglifici, o come il padovano Giovanni Battista Belzoni, il forzuto del circo, divenuto nella prima metà dell’800 uno dei padri dell’archeologia in Egitto, scopritore di antiche tombe e monumenti.



Tuttavia, l’egittologia è da sempre oggetto dell’interesse anche da parte di maghi, sensitivi, personaggi legati all’esoterismo. E da qualche tempo, ormai da qualche decennio, anche chi si occupa di ufologia ha puntato i riflettori sui monumenti dell’antico paese del Nilo.

Gli scaffali delle librerie ormai scricchiolano sotto il peso dei best-sellers che cercano di dimostrare come la civiltà egizia sia molto più antica di quanto i “paludati accademici” vorrebbero farci credere, che gli dèi in realtà erano alieni sbarcati dallo spazio, e così via. L’attenzione di molti “ufologi” si è presto appuntata su uno dei simboli dell’Egitto antico, le piramidi della piana di Giza.



Nel corso degli anni è stato detto e scritto di tutto: le piramidi come rampa di lancio per le navi spaziali, le piramidi come catalizzatori di forze astrali, allineate come la cintura di Orione, camere segrete ancora da portare alla luce, contenitori di simboli magici.

Una delle teorie più in voga tra gli scrittori di best-sellers è che le piramidi (insieme alla sfinge) siano in realtà molto più antiche rispetto alla datazione ufficiale. E questo dato, se fosse reale, dovrebbe rivoluzionare i libri di storia: le implicazioni sarebbero sensazionali e aprirebbero le porte a tutte le teorie “ufologiche” più sfrenate.



La realtà, però, è più banale, meno affascinante e tutto fa parte di una storia che non si può ignorare.

La forma piramidale non nasce dall’oggi al domani con le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, ma fu frutto di una sperimentazione che ha toccato il suo culmine con i tre famosissimi monumenti della piana di Giza.

Fu il faraone Djoser, sovrano della III dinastia, che fece costruire la prima piramide nella prima metà del 2600 a.C.. L’architetto che progettò il complesso funerario, Imhotep, ne ricavò tanta gloria da essere divinizzato.

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La piramide di Djoser, posta a Saqqara, aveva la caratteristica struttura “a gradoni”, poiché l’intenzione era quella di sovrapporre in una costruzione unica e grandiosa, la forma caratteristica delle tombe dell’epoca, la cosiddetta “mastaba”. Così nacque la forma piramidale, che fu poi integrata dai sovrani successivi con un rivestimento che riempiva i “gradoni”, rendendo liscia la parete della sepoltura.

 

Molte piramidi furono costruite lungo il Nilo, prima delle tre più famose della piana nei pressi del Cairo. Alcune di queste piramidi precedenti furono dei veri e propri “esperimenti” di architettura che comportarono, almeno nel famoso caso di Meidum, anche un errore nei calcoli e il crollo della struttura.

 

A Dashur, il sovrano della IV dinastia Snofru, costruì addirittura due piramidi, la piramide a doppia pendenza, forse il frutto di un cambio di lavori in corso d’opera, e la gigantesca piramide rossa, chiamata in questo modo a causa del colore delle pietre che furono usate.

 

Tutta la storia dell’evoluzione delle piramidi, quindi, dovrebbe essere tenuta in conto nell’analisi dei monumenti della piana di Giza.

 

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