La cultura è come la vita, non ammette confini, questo il senso di un’intensa conferenza svoltasi in Università Cattolica venerdì 14 maggio, nell’ambito della Primavera di cultura organizzata dalla Diocesi milanese.

L’oratore, padre Georgij Orechanov, vice rettore dell’Università ortodossa di Mosca, era stato invitato a parlare della sfida educativa oggi in Russia, un paese che sta reimparando a educare uomini liberi. Il contesto russo, infatti, è gravato al tempo stesso dagli effetti della globalizzazione e dai pesanti lasciti del totalitarismo, soprattutto come mentalità statalista e assenza di supporti legislativi.



Dapprima padre Orechanov ha fornito gli elementi per così dire tecnici della situazione attuale dell’istruzione religiosa in Russia. Il primo scoglio non indifferente è stato quello di far accettare l’idea che possa esistere un’istituzione scolastica, o universitaria, con chiara impostazione cristiana e di livello assolutamente adeguato agli standard statali. Il fatto di aver ottenuto la parificazione delle scuole confessionali e il valore legale del diploma di laurea rilasciato dalla prima (e per ora unica) Università ortodossa russa è già un grande successo. Questo successo, però, è continuamente attaccato dalle rigidezze della vecchia impostazione ideologica, sempre centralistica, che rende, ad esempio, difficilissimo avere libertà nei piani di studio.



La vecchia impostazione ideologica è ben lungi dall’aver abbandonato il cuore degli amministratori pubblici, così che questi difendono a spada tratta come ultimo baluardo la cosiddetta «laicità dello Stato», intesa molto spesso come il più banale ateismo. Proprio sulla laicità in Russia è in corso un forte dibattito che talvolta scivola nello scontro.

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Un altro punto nel programma futuro della Chiesa ortodossa è ottenere la creazione di cattedre di teologia nelle università statali. L’esistenza delle Accademie teologiche, infatti, non risolve il problema della «cultura religiosa» nella società, perché è essenziale per tutta la cultura russa in quanto tale che la teologia venga finalmente ammessa nel novero delle discipline scientifiche. Oggi come oggi si verificano delle incongruenze incredibili a questo proposito: ad esempio, la legge riconosce il valore legale della laurea in teologia, ma se il neolaureato volesse fare un dottorato in teologia per innalzare ulteriormente il proprio livello, scoprirebbe che lo Stato non riconosce più questa specializzazione come attività scientifica.



 

L’idea che muove i fondatori dell’Università ortodossa moscovita è quella di abbattere i muri, perché la cultura cosiddetta laica ha estremo bisogno di un confronto serrato con le scienze religiose, così come la teologia ha bisogno a sua volta di stretti contatti con tutti gli altri campi della scienza.

 

Ma i muri da abbattere sono anche altri, ha detto alla fine padre Orechanov, sono quelli geografici e interconfessionali. E qui ha ricordato con autentica commozione il prezioso aiuto fornito nel XX secolo dai credenti occidentali (ha nominato padre Scalfi, presente in sala, e il suo centro Russia Cristiana), un aiuto che ha permesso alla Chiesa russa di respirare e sopravvivere alle persecuzioni. Noi tutti, ha detto, abbiamo tremendamente bisogno gli uni degli altri, senza questo non si darà la Chiesa nel XXI secolo. Perciò, ha concluso, non due, ma ventidue studenti della Cattolica devono venire a conoscere la nostra ospitalità russa. E il pubblico ha risposto con un applauso veramente fragoroso.

 

 

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