Sarà anche vero quello che dici, ma alla fine vale solo il mio pregiudizio. Più o meno è quanto ha scritto una nota studiosa di storia della censura libraria a proposito dell’ultima fatica di Isotta Piazza dedicata a “Buoni libri” per tutti. L’editoria cattolica e l’evoluzione dei generi letterari nel secondo Ottocento (Milano, Unicopli, 2009, pp. 234, € 14).



Nell’Ottocento è esistita un’editoria popolare cattolica? Finora si sono studiate soprattutto le iniziative repressive e censorie, ma, di fianco a queste, è possibile individuare anche un tentativo di proporre in positivo una letteratura popolare cattolica? Isotta Piazza dell’Università degli Studi di Milano si è dedicata per anni a feconde ricerche per cercare di rispondere a queste domande. Grazie allo spoglio de La Civiltà cattolica (pubblicata a partire dal 1850), l’autrice recupera notizie di una miriade di iniziative editoriali, che miravano a proporre letture semplici indirizzate anche agli strati più bassi della popolazione.



A sottolineare il fine non di profitto economico, ma di contributo alla formazione dei lettori, si arrivava persino a proporre l’acquisto di più copie del medesimo testo a un unico abbonato, che poteva in questo modo regalarle a domestici e dipendenti. Nasce così un vero “apostolato della buona stampa” che verrà rafforzato da alcuni documenti papali degli anni 1848-1849 e poi sviluppato dall’Opera dei Congressi nella seconda metà del secolo.

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Si trattò di produrre non solo testi spirituali o devozionali, ma anche veri romanzi o comunque opere narrative che, pur attingendo ai repertori agiografici e prefiggendosi fini non estetici ma edificanti, diffusero alfabetismo, abitudine alla lettura, conoscenza della lingua nazionale.



 

Campione di tale opera fu don Bosco, i cui titoli più fortunati superarono a fine secolo le 50mila copie. Così stando le cose, su L’Indice di marzo è comparsa una recensione del libro della Piazza a firma di Patrizia Delpiano. Dopo averlo pacatamente esaminato e valorizzato, la Delpiano scrive: «non convince l’ipotesi secondo cui “i pregiudizi circa una presunta arretratezza della Chiesa italiana […] vadano ridiscussi”» e che è «discutibile l’idea che la chiesa abbia profuso energie per ampliare il numero dei lettori […] Pare invece che la chiesa […] si sia piuttosto adattata a un processo inarrestabile, innescato dalle prime leggi sull’istruzione (Casati, 1859; Coppino, 1877)».

 

Peccato che, oltre a tutto il libro della Piazza che propone la sua ricostruzione accompagnandola con dovizia di documenti, si dimentichi così, ad esempio, l’esperienza di un fervido promotore della «nobilissima [arte] della tipografia, che […] va pubblicando scelte opere utili», il bresciano LodovicoPavoni, morto addirittura dieci anni prima della legge Casati…