Nell’epoca aurea del politically correct, quando è d’obbligo prestare somma attenzione alla tutela di qualsivoglia diritto di qualsivoglia minoranza (e non importa se il “diritto” è in realtà figlio degenere della dittatura del desiderio), può sembrare esagerato e fuori luogo parlare di “guerra ai cristiani”. Eppure sono centinaia ogni anno gli episodi che testimoniano di un’ostilità nei confronti dei seguaci di quel crocifisso che anche recentemente è stato trascinato nell’aula di un tribunale internazionale in nome della libertà di pensiero. Violenze, sopraffazioni, persecuzioni vengono operate da singoli, gruppi organizzati, partiti politici, apparati statali, pubbliche istituzioni, in nome e per conto di ideologie politiche o di convinzioni religiose piegate alla logica del potere. Come ai tempi di Erode e di Pilato, l’irriducibilità di Cristo produce fastidio, paura, insofferenza, ostilità. O una malcelata indifferenza destinata a soccombere alla logica del più forte.



Titolo provocatorio – Guerra ai cristiani – quello scelto da Mario Mauro per il libro realizzato insieme a Vittoria Venezia e Matteo Forte per i tipi di Lindau. Ma dalle sue pagine trasuda la cruda verità di avvenimenti che si sono succeduti in Cina, India, Nord Corea, Iraq, Pakistan, Turchia, Indonesia, Somalia, Nigeria, Cuba, solo per citare i più eclatanti. E che hanno avuto come protagonisti e vittime vescovi, sacerdoti, suore, padri di famiglia, studenti, donne e bambini. Colpevoli, al fondo, di testimoniare Gesù, a volte soltanto di credere in Lui, in una situazione in cui si deve credere ad altro, ai valori stabiliti dal potere o alla religione di Stato imposta da chi siede nella stanza dei bottoni.



Ma accanto all’ostilità esplicita e “riconoscibile a vista”, ce n’è un’altra più sottile e non meno insidiosa nei confronti del cristianesimo. È quella che si consuma negli uffici degli organismi internazionali “super partes” o nelle aule dei Parlamenti dove la democrazia è (apparentemente) di casa. Dove in nome del rispetto di certe minoranze viene stravolto il concetto di matrimonio e di famiglia, dove le radici cristiane dell’Europa vengono cancellate in omaggio alle “magnifiche sorti e progressive” di una modernità che si afferma facendo a meno di Dio. E così il Vecchio continente – sempre più vecchio perché sempre meno animato da motivi forti con cui guardare al futuro – rischia l’abiura di ciò che lo ha fatto nascere. E l’ascesa del relativismo sta trasformando l’Europa da patria del diritto in supermarket dei diritti, dove il valore della persona finisce annacquato in una melassa di pseudo-valori.



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Si arriva così al paradosso di affermare una democrazia che presume di poter fare a meno del cristianesimo, dimenticando la lezione di Tocqueville corroborata da secoli di storia. “La consustanzialità del cristianesimo alla democrazia – scrive a questo proposito Mauro – è data dalla sua dimensione universale, dalla sua espressione comunitaria, per cui la vita comune realizza l’ideale di fratellanza, e dalla concezione laica della politica, secondo la quale – nella convinzione che non tutto può sottostare al potere di Cesare – reato e peccato non coincidono”. 

 

La disponibilità a incontrare l’altro in quanto uomo, di riconoscere nella fede e nel pensiero del prossimo un sincero tentativo di risposta alla domanda di significato che abita il cuore di ciascuno, rappresenta l’aspetto essenziale della presenza cristiana nella storia. Una presenza che chiede piena libertà di espressione non come affermazione di un privilegio o difesa di un gruppo, ma come possibilità riconosciuta a ciascuno in forza del suo essere uomo. Per questo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno più volte sottolineato che la libertà religiosa è conditio sine qua non per l’esercizio di qualsiasi diritto.

 

È dura la battaglia per riaffermare il pieno diritto di cittadinanza del cristianesimo a ogni latitudine, comprese le aule del Parlamento europeo. Una battaglia che è insieme difensiva e offensiva, ed esige l’intelligenza e la capacità di trovare alleati anche tra coloro che, pur non condividendo la fede in Gesù, sono convinti che l’emarginazione dei suoi seguaci sarebbe una perdita secca per l’intera umanità. Molti i nemici, molte le difficoltà con cui misurarsi, ma uno sguardo positivo sulla realtà è ancora possibile. Ed è da questo sguardo positivo che è possibile ripartire e continuare a sperare, senza ingenuità ma con la certezza che c’è Chi ha segnato per sempre la storia.

 

In forza di questa certezza si può affermare che “le ideologie, i fondamentalismi e i relativismi sono accomunati dall’abbandono della verità, dal mancato riconoscimento dell’essere come principio della realtà e dall’utilizzo del potere per dare una nuova base alla realtà. La storia delle grandi dittature del passato ci insegna che Dio fa paura a chi ha la pretesa di sostituirsi a Lui. Ma la storia ci ha insegnato anche che alla lunga la furia ideologica che ha nella negazione della libertà religiosa il suo strumento di massima distruzione della dignità dell’uomo, viene sconfitta dalla prorompenza della fede e dal desiderio di libertà degli uomini”.