Uno dei santuari tradizionalmente legati ai pellegrinaggi mariani è quello di Jasna Góra a Czestochowa, fondato verso la fine del XIV secolo dai monaci di san Paolo Eremita, chiamati in Polonia dall’Ungheria dal principe Ladislao di Opole.

Già dalla seconda metà del XVI secolo Jasna Góra è una meta privilegiata, e tra i suoi visitatori troviamo rappresentanti di tutti i ceti sociali, che rendono questo luogo il simbolo dell’identità e dell’unità della nazione.



«Quest’antica effigie – disse Giovanni Paolo II -, che porta su di sé i segni di elementi del cristianesimo d’Oriente e d’Occidente, è un simbolo dell’unione di questi due mondi, delle ricchezze e delle culture che mediante il Battesimo si sono incontrati e uniti in Cristo […]. Il santuario ha svolto pure il ruolo della difesa della fede, della cultura e della conservazione dell’identità nazionale particolarmente durante il lungo periodo della spartizione della Polonia […]. Negli anni dell’ateizzazione organizzata e sistematica, Jasna Góra divenne […] punto di riferimento per la rigenerazione sociale».



Nel Novecento, durante la Seconda guerra mondiale, parte della fortezza viene occupata dalle truppe naziste che proibiscono i pellegrinaggi. È proprio di quegli anni il ricordo della visita compiuta da Guareschi: «Mi arresto perplesso sull’entrata, poi riprendo ad avanzare, e mi sembra d’essermi sfilato dal mio corpo coperto di stracci e d’averlo lasciato lì sulla porta, tanto mi sento leggero […]. Si leva un canto dalla folla, e pare la voce stessa della Polonia: un dolore dignitoso di gente usa da secoli a essere schiacciata e a risorgere. Di gente che viene uccisa sempre e che non muore mai» (Diario clandestino, settembre ‘43).



 

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Altri scrittori e poeti sono stati ispirati dal santuario, come il nobel Milosz: «Maria purissima, benedici colei che nella misericordia non crede. / Che la Tua luminosa mano spossata possa lenire ogni sua tristezza. / Sotto la Tua protezione sia più lieve il pianto».

Durante l’epoca comunista, i pellegrinaggi continuano nonostante le campagne antireligiose: nell’agosto 1956 sono quasi un milione i fedeli presenti al santuario a rinnovare i voti di affidamento a Maria. Come secoli prima, a Jasna Góra arrivano studenti, contadini, rappresentanti del mondo della cultura, ai quali si aggiungono, dal settembre ‘83, gli operai grazie al primo loro pellegrinaggio voluto da padre Popieluszko.

 

Le autorità statali, non potendo concretamente proibire i pellegrinaggi, cercano in tutti i modi di ostacolarli e contenerne la portata: limitano la circolazione dei mezzi pubblici, sopprimono i treni, controllano i pellegrini che si spostano con i mezzi propri e con i torpedoni di associazioni e circoli. Non di rado la polizia pattuglia le strade e ritira pretestuosamente le patenti, mentre vengono avviati lavori stradali straordinari. I pellegrini che riescono ad arrivare sono sorvegliati, e le targhe dei loro veicoli fotografate e schedate.

 

La propaganda comunista cerca di distogliere l’attenzione dei fedeli organizzando cineforum e rimpinzando i palinsesti televisivi con film imperdibili, proponendo grandi manifestazioni culturali e ricreative, allestendo lungo il percorso chioschetti per la vendita di alcolici e altre merci normalmente introvabili. In questo modo da un lato si vuol trasformare il pellegrinaggio in occasione da paese dei balocchi, dall’altro si intende screditare lo stesso gesto religioso e i pellegrini agli occhi dell’opinione pubblica.

 

Ciononostante l’afflusso di fedeli a Jasna Gora è inarrestabile e… variopinto: nell’estate del ‘71 al pellegrinaggio da Varsavia si uniscono 300 hippies che, secondo i rapporti della polizia, di sera si riuniscono a discutere animatamente sull’esistenza di Dio e sul senso della vita; gli agenti sono scandalizzati perché dai conventi le suore escono a portare a questi giovani cibo e bevande, e i contadini mettono loro a disposizione i campi per piantare le tende.

 

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Oltre ad azioni ordinarie di disturbo e controllo, la polizia compie atti vandalici sia contro i pellegrini, sia contro chi li ospita: ogni tipo di spazzatura viene disseminato nei campi per convincere la popolazione locale che non si tratta di iniziative di carattere religioso, e per infondere un senso di avversione tra i sacerdoti delle parrocchie coinvolte.

 

Nel 1978, durante il 267° pellegrinaggio da Varsavia, agenti del Ministero degli interni avviano un intervento su ampia scala: rubano zaini e altri oggetti, rovinano i sacchi a pelo, lasciano qua e là materiale pornografico, bucano le gomme delle auto e intossicano pozzi e fontane. L’Istituto polacco per la memoria nazionale conserva la nota spese per l’azione di disturbo prevista contro i pellegrini partiti da Radom: nei primi giorni di agosto un sottufficiale spende 658 zloty per acquistare 200 preservativi, due scatole di colore alla nitro, 30 assorbenti femminili, 5 bottiglie di vino, carta igienica, pennelli e strutto.

 

A ciò si aggiungono «35 bottiglie per la birra con relativi tappi, brandelli di giornali sporchi, mezzo litro di sangue animale con cui imbrattare gli assorbenti, avanzi di cibo e qualche barattolo di conserva». Lo stesso sottufficiale propone di cospargere un intero tratto di strada con i semi delle rose canine, la cui parte interna ha proprietà pruriginose…

 

Nemmeno dopo l’elezione di Giovanni Paolo II si allenta la presa: nell’82 Grzegorz Piotrowski, che sarà tra gli assassini di padre Popieluszko, riceve l’ordine di incendiare un fienile il cui proprietario aveva ospitato i pellegrini, tenta di violentargli la figlia e di intossicare il pozzo.

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