Quanto sono rilevanti le categorie interpretative sviluppate da Del Noce per intendere il nostro tempo?

L’analisi transpolitica di Del Noce si ferma al secolo XX. Con la caduta del muro di Berlino la sua interpretazione della storia contemporanea riceve una straordinaria conferma ma, al tempo stesso, sembra che scompaia il mondo che di quella analisi era oggetto, e sembra dunque che la interpretazione transpolitica delnociana (se non addirittura la sua intera filosofia) debba essere archiviata. Per Del Noce la filosofia è un cammino verso la verità eterna che parte però sempre da un ben identificato luogo nella storia. Per questo la filosofia è, pur se in un senso diverso da quello pensato da Hegel, “il proprio tempo espresso in pensiero”. In questo senso, certamente, Del Noce è legato al novecento, che è il secolo suo, e la nostra generazione deve affrontare la fatica di pensare il proprio tempo.



In questo senso sembra che il destino del pensiero di Del Noce sia l’inattualità. È stato inattuale per la più gran parte del tempo della sua vita, quando sosteneva una lettura della storia alternativa a quella dominante. È diventato attuale per un breve periodo (1978-1989) quando il comunismo non è stato inglobato in una sintesi superiore con la democrazia occidentale o con il cattolicesimo, come sosteneva l’azionismo ovvero il dossettismo, ma si è dissolto di fronte ad una resistenza ideale (Giussani, Wojtyla). È tornato inattuale subito dopo, perché scompare il mondo a cui esso era legato.



Proviamo però a cambiare un poco il modo in cui la domanda è stata formulata. Proviamo a chiedere: il pensiero di Del Noce può essere continuato nel tempo presente? La risposta è certamente positiva. Forse è l’unico pensiero del novecento che può essere continuato nel tempo presente. La fase attuale della cultura occidentale è caratterizzata dall’emergere del nichilismo. Se guardiamo a questo fenomeno a partire dall’interpretazione delnociana della modernità, ci rendiamo conto che esso è necessario a partire dalla dissoluzione del marxismo. Il pensiero moderno, infatti, si costituisce contro il libertinismo e come tentativo del suo superamento. L’immanentismo (di cui il marxismo costituisce il punto di arrivo) sostiene infatti che il Dio trascendente del cristianesimo non esiste ma il suo posto è preso da quel dio immanente che è la storia.



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La storia si incarica di realizzare nella storia il bene, la comunione perfetta degli uomini, ed il comunismo è appunto la comunione realizzata per la forza immanente della storia e non per l’intervento gratuito di Dio. Se il comunismo è fallito allora la storia non ha nessun senso e si perde la promessa della modernità. Ciò che residua è il primato degli interessi egoistici e degli istinti meramente vitali. Non esiste nessuna verità che unifichi gli uomini. Non a caso si parla di postmoderno. La modernità è finita ed il trionfo del relativismo etico apre lo spazio del postmoderno.

 

Davanti a questa posizione (che si andava già delineando negli ultimi anni della sua vita) Del Noce osserverebbe che essa è necessaria soltanto all’interno di quella linea della modernità che ha accettato l’immanentismo e con esso si è identificata. Questa non è però tutta la modernità, ma solo una delle linee che in essa si sviluppano (quella immanentista e razionalista che va da Cartesio a Spinoza a Marx). Esiste però un’altra linea della modernità (per la verità ne esistono altre tre ma in questo articolo abbiamo solo lo spazio di occuparci di questa modernità alternativa). Questa, parte anch’essa da Cartesio e dalla sua scoperta del soggetto umano ma vede che il soggetto ha una sua consistenza oggettiva. L’uomo non è quello che pensa di essere ma ciò che effettivamente è. Scoprendo se stesso scopre al tempo stesso un essere che è prima di lui e lo pone nell’essere. La vita è allora dialogo con questo essere prima di me e tentativo di comprendere me stesso come messaggio (vocazione) di questo essere che mi precede e mi accompagna circondandomi da ogni parte. Questa è la linea della modernità che parte da Cartesio ma va verso Pascal (il più grande critico e insieme il più grande discepolo di Cartesio) e poi verso G.B. Vico e verso Rosmini.

 

Lungi dall’essere quell’antimoderno che molti hanno preteso che fosse, Del Noce è l’uomo del cristianesimo nella modernità, della riconciliazione del cristianesimo con una modernità depurata dalla deviazione immanentistica/razionalista. Quando prima Giovanni Paolo II e poi Ratzinger spiegano che il cristianesimo non vuole distruggere la modernità ma piuttosto salvarla nel momento della sua crisi, sembra quasi di sentire attraverso le loro parole la voce del vecchio maestro che entra, con il suo specifico apporto, nella grande voce della philosophia perennis, che sempre si rinnova, rimanendo sempre eguale a se stessa.