La beatificazione di John Henry Newman costituisce uno dei punti qualificanti del viaggio di Benedetto XVI in terra inglese, poiché con questo gesto il Papa permette al popolo cristiano di riconoscere la vita e l’opera di uno dei pensatori più originali degli ultimi due secoli. Nato da una famiglia della borghesia inglese nel 1801, riceve un’educazione dal doppio volto: dal padre eredita una certa propensione all’indagine e alla verifica razionale di ogni problema, secondo uno stile proprio del liberalismo inglese post-illuminista. Dalla madre, di antiche origini ugonotte francesi, una salda fede calvinista nella predestinazione dell’anima e nell’importanza del rapporto diretto con la Sacra Scrittura.



Queste due prospettive educative si fusero in lui in maniera del tutto originale, tanto da fargli scrivere nella sua autobiografia, L’apologia pro vita sua, che fin da ragazzo: «mi sentivo prescelto per l’eterna gloria. Non mi sembra che tale convinzione tendesse in alcun modo a rendermi negligente nel compiacere il Signore […] ma ritengo che abbia avuto qualche influenza sulle mie opinioni […]: nel senso, cioè, di isolarmi dagli oggetti che mi circondavano, di rafforzare la mia diffidenza verso la realtà dei fenomeni materiali e ancorarmi al pensiero di due, e solo due, esseri assoluti, di un’intrinseca e luminosa evidenza: me stesso e Dio».



Il giovane Newman sente da subito che la propria sete di felicità ha bisogno di un rapporto personale e totale con Dio, e si dedica quindi allo studio dei classici e della patristica, trasferendosi ben presto all’Università di Oxford. Qui gli studi intensi e le diverse influenze culturali e religiose mosse dai suoi molti incontri e dalle sue ancor più numerose letture lo portano ad abbandonare il calvinismo materno e a maturare la vocazione sacerdotale all’interno della Chiesa anglicana, di cui diventa sacerdote nel 1825.

Egli non abbandona comunque la comunità universitaria, poiché vi svolge contemporaneamente, a partire dal 1826, l’incarico di tutor presso l’Oriel College di Oxford. Da questo momento in avanti l’opera di Newman è sempre più intensa, volta allo studio della patristica e all’approfondimento della dottrina anglicana.



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A partire dal 1839, Newman diventa uno dei fondatori del cosiddetto movimento trattariano, che consisteva in un gruppo di ricercatori che studiavano e pubblicavano scritti in merito alla tradizione cristiana così da riscoprire e rifondare l’esperienza anglicana, secondo loro messa in pericolo da una pericolosa deriva liberale e scetticheggiante.

 

Questo gruppo di persone, diventato famoso con il nome di Movimento di Oxford, portò un’ondata di aria fresca nella chiesa inglese, rivista come un via media tra le derive delle letture protestanti, troppo lontane dalla tradizione della Chiesa antica e deboli nella loro proposta di vita cristiana, e le spigolosità della Chiesa Cattolica, ritenuta dai trattariani un’istituzione ultimamente diabolica volta alla perversione dell’evento cristiano. Ma già dopo due anni, nel 1841, Newman e i suoi dovettero sospendere le pubblicazioni dei loro Tracts, poiché accusati dalla gerarchia anglicana di essere eccessivamente ambigui nelle loro ricostruzioni dottrinali, ritenute troppo vicine al credo cattolico.

 

Lo stesso Newman ha ormai da qualche tempo dubbi sulla posizione anglicana, poiché quanto più studia la patristica, tanto più capisce la legittimità delle pretese cattoliche in tema di dogmi e disciplina ecclesiastica. Si ritira quindi nell’eremo di Littlemore, nei pressi di Oxford, lasciando anche i suoi incarichi universitari per decidere quale via seguire nella sua vita ed approfondire i suoi studi. Vi rimase fino all’8 ottobre del 1845, quando, dopo lunghi e tormentati ripensamenti, chiede di essere ammesso alla comunione cattolica.

 

La sua vita da cattolico fu altrettanto intensa, e costellata da successi e anche da fallimenti, ma fu soprattutto una vita di pace, come lui stesso scrive: «Dal momento in cui divenni cattolico, naturalmente non ho più da narrare una storia delle mie opinioni religiose. Con questo non intendo dire che la mia mente sia stata in ozio o che io abbia smesso di meditare su argomenti teologici; ma non ho più avuto variazioni da registrare; più nessun’ansia di cuore. Ho goduto una perfetta pace e tranquillità; non mi è più venuto un sol dubbio».

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Venuto a Roma nel 1846, con i molti suoi compagni di studi che avevano come lui abbracciato la fede cattolica, Newman rimane affascinato dall’esperienza degli Oratoriani di San Filippo Neri, della cui comunità entra a far parte chiedendo di aprire una casa in Inghilterra. Il suo desiderio ebbe corso nel 1849 quando a Birmingham fu fondata la prima casa inglese della congregazione dove Newman si trasferì con molti dei suoi amici.

Qui Newman si dedicò all’insegnamento e all’approfondimento dei suoi studi, volti in questa fase sia alla storia della Chiesa sia alla filosofia. Riprendendo molti temi già presenti nei suoi discorsi alla comunità universitaria di Oxford quando era ancora anglicano, nel 1864 Newman pubblica La grammatica dell’assenso, un capolavoro filosofico dove smonta il positivismo imperante nel suo tempo e mostra la ragionevolezza dell’adesione alla fede: egli infatti dimostra con chiarezza che la ragione possiede moltissimi strumenti conoscitivi, tutti efficaci se usati correttamente e non riducibili alla dimostrazione scientifica, che costituisce solo uno tra queste vie di conoscenza.

Tra questi strumenti il più utilizzato e allo stesso tempo misconosciuto è il cosiddetto senso illativo, che coincide con la ragionevole certezza che una verità è tale in virtù di una somma di indizi differenti che concordano su quella stessa verità. Così la fede, tipico esempio di senso illativo, non dimostra scientificamente la sua veridicità, ma offre a tutti la propria ragionevolezza poiché spiega gli incontri della vita, la storia della Chiesa, le prove che ognuno incontra lungo il corso della propria esistenza, le relazioni con gli altri uomini, ecc. La fede è un atto ragionevole di chi incontra Cristo, e, incontrandolo, potenzia e compie la propria ragione.

 

Newman vivrà anche alcune gravi incomprensioni all’interno della comunità cattolica, ma la nomina a cardinale nel 1879 spazzò via tutti i sospetti che si ammassavano su di lui da parte di quanti guardavano con sospetto a questo convertito sempre pronto a discutere su tutto e a cercare i fondamenti di ogni cosa. La sua vita ebbe termine l’11 agosto 1890, presso la sua comunità oratoriana di Birmingham dove la sua vita di ricerca aveva trovato finalmente compimento.

 

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