«Il senso religioso di don Giussani è importante per chi vive in Egitto perché ci ha insegnato un metodo più utile anche del dialogo. L’idea per esempio di parlare di Dio a partire dai capolavori della poesia, dalla musica, della narrativa, mi ha colpito fin da subito. E ogni volta che qui al Cairo applico il metodo di don Giussani, ho la conferma pratica del fatto che è quello giusto». Ad affermarlo è Wael Farouq, musulmano, professore di Lingua araba all’American University del Cairo. Farouq ha letto per la prima volta Il senso religioso in inglese dieci anni fa, e lo ha quindi presentato quando nel 2007 è stato tradotto in arabo. Un’osservazione tutt’altro che scontata, quella di Farouq, se si pensa che per esempio nessuno nel mondo islamico finora ha mai osato applicare la critica letteraria al Corano.



Professor Farouq, perché Il senso religioso può essere importante anche per un musulmano?
 
L’importanza del Senso religioso non è soltanto legata alle sue idee, ma innanzitutto al metodo utilizzato da don Giussani nel presentarle. Di qualsiasi cosa parli, lo fa sempre utilizzando la poesia, la letteratura, i commenti sulla musica e la pittura. Questa idea dell’importanza della bellezza come un linguaggio comune tra tutti gli esseri umani, ha ispirato fin da subito me e gli altri miei amici con cui ho organizzato il Meeting del Cairo dello scorso ottobre. Che non a caso abbiamo intitolato «Bellezza, lo spazio del dialogo». E così, quando è stata attaccata la chiesa di Alessandria d’Egitto, a Capodanno, per esprimere la nostra indignazione abbiamo pensato di organizzare un concerto di musica classica. Quelli espressi da don Giussani non sono soltanto dei concetti, ma qualcosa che si può applicare nella vita di tutti i giorni, e ogni volta che lo facciamo diventiamo più certi del fatto che è la strada da seguire.



Un modo quindi per incoraggiare il dialogo…
 

Personalmente non mi piace molto la parola dialogo, ed è anche questa una cosa che ho imparato da don Giussani. Preferisco parlare di incontro, perché il dialogo rischia di essere sempre uno strumento per dividere le persone, un processo in cui si formano due parti e poi si cerca artificialmente di stabilire un contatto tra loro. In Egitto al contrario non esistono due parti separate, viviamo tutti la stessa realtà e ci incontriamo a tutti i livelli della vita di ogni giorno. E quindi ciò che da 20 secoli in Egitto consente a musulmani e cristiani di vivere insieme non è un dialogo inteso astrattamente, ma l’esperienza elementare nell’accezione utilizzata da don Giussani.



Ma prima di don Giussani, qualcun altro nel mondo musulmano aveva tentato di elaborare un metodo simile al suo?
 
No, abbiamo iniziato noi per primi, ispirandoci a lui. Ed è proprio questo ad avermi colpito del Senso religioso. Di solito gli uomini devoti parlano di valori nobili, degli ordini di Dio agli uomini, proponendo degli stereotipi a cui ognuno dovrebbe conformarsi. Ma Dio non può essere un valore astratto, perché se fosse così ciascuno potrebbe «barare» facendone quello che gli pare e piace. Fino all’estremismo dei terroristi, che usano Dio per uccidere altri uomini. Al contrario, i valori divini devono avere la forma di un essere umano, perché l’amore, la fede, l’onestà e così via, nel momento in cui smettono di essere incarnati nella vita umana cessano di esistere. E’ questo il motivo per cui io e gli altri miei amici, musulmani e cristiani, diamo molta importanza alla bellezza, perché è uno dei modi attraverso cui questi valori divini prendono forma.

L’idea di ragione di don Giussani si oppone al razionalismo moderno. Lei cosa ne pensa?
 

Trovo che la definizione di ragione data da don Giussani sia molto più umana. A lungo il pensiero europeo moderno ha proposto un’idea di ragione che eliminava una parte importante dell’essere umano come il cuore. E per noi musulmani accettare questa idea di ragione, proposta dalla cultura occidentale, è veramente difficile. Perché è come se la mente umana fosse ridotta al suo aspetto scientifico e materialistico, eliminando una parte molto importante dell’esperienza. L’idea di ragione di don Giussani al contrario non trascura nessuno degli aspetti dell’esperienza. Ed è proprio questo a costituire la grande differenza tra il razionalismo e la ragione di cui si parla nel Senso religioso.

Lei ha citato il legame tra cuore e ragione. Che cosa intendeva?
 
Il modo più semplice con cui possiamo conoscere la realtà è a partire dal cuore. Prima dei tempi moderni, il modo con cui gli uomini conoscevano il mondo era attraverso la bellezza, la poesia, la musica e tutti gli altri linguaggi delle arti. Quando ci riferiamo a queste cose, non stiamo parlando di un modo sentimentale di conoscere, ma di un linguaggio più profondo che è stato utilizzato fin dall’inizio della storia dell’umanità. Senza la curiosità che nasce dal cuore, non c’è nulla che attivi la ragione spingendola a cercare l’origine delle cose.

Ma per lei che esperienza personale è stata leggere per la prima volta questo libro?
 

La mia prima impressione è stata che fosse una risposta quasi profetica alla crisi che sta vivendo oggi l’uomo moderno. Al punto che ne sono rimasto stupito. Rispondeva infatti a numerose domande che stavo vivendo nella mia società e nella mia cultura, in quanto musulmano che vive in un’epoca moderna. Trascinandomi dietro una serie di questioni irrisolte, con un dualismo continuo tra ragione e religione, fede e realtà, che ho risolto solo dopo avere letto questo libro. Che è stato un vero e proprio ponte che mi ha consentito di ritrovare me stesso, la realtà che mi trovavo a vivere in Egitto e la mia identità di musulmano. Per questo motivo ho voluto che fosse pubblicato in arabo e presentato al Cairo, in modo che il maggior numero di persone possibili potessero incontrare questa analisi profonda della realtà in cui viviamo oggi.

Lei prima ha accennato al fatto che solo il senso religioso autentico può costituire un argine al fondamentalismo…
 
E’ il motivo per cui sono contento che questo libro sia stato tradotto in arabo. La fede può facilmente trasformarsi in una specie di folklore, in una tradizione svuotata dal suo significato originario, diventando in ultima analisi un’ideologia. Fino al punto che la religione, da una cosa positiva, può diventare uno strumento del Diavolo. Don Giussani, partendo dal presupposto che l’unico luogo dove possiamo incontrare Dio è la realtà, identifica un valido antidoto contro ogni possibile forma di fondamentalismo.
 
(Pietro Vernizzi)