Nel 2005, il giorno del mio cinquantesimo compleanno, Don Giussani mi ha messo di fronte al Senso religioso e, in tal modo, anche di fronte a una nuova versione della mia vita. A quell’epoca era morto ormai da tempo, ma ho l’impressione che così gli sia stato più facile arrivare a me.
Come ho già raccontato altre volte, ero in viaggio verso Roma per festeggiare il mio compleanno quando incontrai Mario Biondi all’aeroporto di Dublino; da questo incontro casuale è iniziata una serie di eventi che mi hanno condotto a leggere il Senso religioso e a entrare sempre più in un’amicizia con Comunione e Liberazione.
                                                                                                                 
Ho definito il Senso religioso come il libro più radicale che abbia mai letto. Può apparire come una deliberata iperbole, ma non lo è. Penso che chiunque lo legga con cuore e mente aperti possa arrivare alla stessa conclusione. È un libro che riunisce tutti quei pensieri dissociati, quelle domande frammentarie e quelle esperienze disgregate che popolano le nostre menti, e ce le ripresenta in una forma nuova, con una coerenza che non avremmo creduto possibile.
La coerenza non è una questione intellettuale, ma la percezione che le cose vengano rimesse al proprio posto sulla base  della vita che abbiamo vissuto e del suo significato. In realtà, ciò che questo libro mi ha dato è una nuova mappa di me stesso e del mio viaggio attraverso la realtà.



Spesso ho affermato che per me il capitolo 10, che inizia a pagina 100 nell’edizione inglese, è il vero inizio del libro. Questo non significa che io voglia ignorare i primi 9 capitoli, ma che nelle prime 99 pagine è come se Don Giussani mi portasse per mano in un viaggio attraverso la cultura in cui vivo e mi mostrasse quanto sia possibile che io mi sia  alienato da me stesso.
 



E, avendomi aperto gli occhi su questa possibilità, si voltasse improvvisamente e mi dicesse all’incirca: “Ehi, hai mai conosciuto questo tizio, John Waters?”  Così, mi riporta alla mia primaria origine e mi invita, alla luce di ciò che mi ha detto sul mio viaggio, a una nuova conoscenza di me stesso e a ricominciare di nuovo la mia vita. Mi chiede di aprire gli occhi, come se fosse la prima volta.

Cosa vedo? Come mi sento? Mi riporta al senso della realtà della mia infanzia, alla percezione del mio essere creato, della mia dipendenza, alla sensazione di essere accompagnato. E mi offre questo come un metodo per vivere il resto della mia vita, per venir fuori da ciò che sono stato erroneamente portato a considerare realtà e rientrare nel puro, originale stato dell’umano.
Ogni volta che ci penso, rimango sbalordito di fronte al dono che tutto questo rappresenta.