Perché Benedetto XVI va ad Assisi? C’è una parola che può aiutarci a comprendere il significato di questo gesto, ed è la parola “cammino”. Quello di Assisi è un cammino nel tempo, una storia. Il gesto di oggi illumina e sviluppa i due precedenti pellegrinaggi di Giovanni Paolo II.
Sono passati 25 anni dal primo incontro tra Papa Wojtyla e i leader mondiali delle religioni. Un incontro che resta tra le immagini più note ed evocative del suo pontificato. La giornata del 27 ottobre 1986 rivelò il primato morale del successore di Pietro. Ma suscitò anche le contestazioni dei tradizionalisti e le critiche di personalità come Divo Barsotti e Giuseppe Dossetti (in particolare, annota Andrea Riccardi nel suo libro su Giovanni Paolo II, fecero discutere la preghiera buddista in una chiesa della città e la recita finale di preghiere in comune). Da allora si iniziò a parlare di “spirito di Assisi”, di dialogo con le altre religioni nella consapevolezza della radice “spirituale” della pace e della convivenza tra i popoli.
Nel gennaio 2002, all’indomani degli attentati dell’11 settembre, fu spontaneo incontrarsi nuovamente ad Assisi, per rendere visibile la condanna del terrorismo di matrice fondamentalista e per testimoniare l’impegno delle religioni alla pace e alla giustizia.
Questa è dunque la “terza Assisi”, la terza tappa di una storia iniziata 25 anni fa. Il Papa si colloca in questa storia, che matura e si approfondisce nel tempo. «Mi recherò pellegrino nella città di San Francesco» – aveva annunciato Benedetto nell’Angelus del 1° gennaio «allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio predecessore e di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace».
Cosa aggiunge questa nuova giornata allo sviluppo dello spirito di Assisi? Torniamo alla parola cammino. «Mi recherò pellegrino», dice il Papa. E il tema della giornata è «Pellegrini della verità, pellegrini della pace». «L’immagine del pellegrinaggio riassume il senso dell’evento che si celebrerà» ha poi spiegato una nota del Vaticano. Tale immagine, come anche il gesto del silenzio, sembra essere più accentuata rispetto alla preghiera. Perché? Io credo che il Papa voglia indicare che il compito di Assisi sia innanzitutto creare uno spazio comune. Viaggiare insieme, camminare insieme, ricordare insieme il cammino fatto, consumare un pasto insieme: tutto ci apre a Dio, e quindi agli altri. Ci ricorda la comune figliolanza da un unico Padre, la somiglianza del cuore dell’uomo in ogni latitudine.
Nello stesso tempo, in questo spazio si mantengono le proprie identità, le proprie specificità. Ho trovato ben chiarito questo aspetto negli interventi del cardinal Bertone e del cardinal Tauran, pubblicati sull’«Osservatore Romano». Bertone cita la lettera di Papa Benedetto al vescovo di Assisi per il ventesimo anniversario dell’evento, nel 2006: «Anche quando ci si trova insieme a pregare per la pace, occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni (…). La convergenza dei diversi non deve dare l’impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla». E aggiunge: «È questa l’interpretazione corretta dello spirito di Assisi».
Capiamo così il vero significato della parola dialogo: come scrive Tauran, esso non è una conversazione, né una trattativa; non è un compromesso, né un hobby; non mira a creare una religione globale né vuole giocare sull’ambiguità delle parole. Il dialogo vero è «uno spazio per la testimonianza reciproca».
Si capisce così perché Benedetto XVI, la sera prima dell’incontro di Assisi, presiederà una veglia di preghiera con i fedeli di Roma nella Basilica di San Pietro. «Proprio quando uno entra nella profondità dell’incontro con Cristo si apre anche lo spazio vasto per il dialogo», ha detto il Papa nel 2008. «Quando uno incontra la luce della verità, si accorge che è una luce per tutti; scompaiono le polemiche e diventa possibile avvicinarsi. Il cammino del dialogo è proprio l’essere vicini in Cristo nella profondità dell’incontro con Lui, nell’esperienza della verità che ci apre alla luce e ci aiuta ad andare incontro agli altri: la luce della verità, la luce dell’amore». Questo è il cammino di Assisi.