In America il XIX secolo ha espresso le grandi fondamenta della sua formidabile letteratura. Anni fa Sandro Veronesi osservava giustamente come l’America (a differenza dell’Europa) abbia saputo produrre sempre, in ogni momento della sua storia, uno o più grandi scrittori. I pilastri di questa grande stagione mai conclusa si chiamano Mark Twain, Herman Melville, Edgar Allan Poe, Nathaniel Hawthorne, Henry James. Ce n’è a sufficienza per comprendere la potenza dello slancio che darà al mondo autori come Hemingway, Scott Fitzgerald, Faulkner, Capote, la O’Connor, giù giù fino a un Franzen o a un Foster Wallace. Dei cinque moschettieri sopra elencati, uno però risulta più decisivo degli altri: non per qualità letteraria ma perché il suo carattere personale è stato determinante per il carattere di tutta la letteratura americana.
Mi riferisco a Mark Twain. L’occasione che ci fa parlare di lui è, se vogliamo, bizzarra. Oggi è solo il 176° anniversario della sua nascita. La data della sua morte risale a 101 anni fa (1910). Ma oggi Google lo celebra con un doodle, e questo vale più di un anniversario.Twain era essenzialmente un umorista, e il fatto che abbia scritto uno dei più grandi capolavori della letteratura universale, Le avventure di Huckleberry Finn, dice già molto sul posto unico che egli occupa nella storia della letteratura.
Huck Finn è uno dei due grandi poemi epici americani, l’altro è Moby Dick. Ma c’è una differenza: mentre Moby Dick è un poema con tutti i crismi, tanto che è sempre stato paragonato ai capolavori omerici, per Huck Finn non si può scomodare nessun paragone: è un numero primo. E’ questo il crisma americano, di cui Twain è il capostipite: quello di costruire cose meravigliose usando materiali apparentemente inadatti allo scopo. Twain scrisse il suo meraviglioso libro senza riferimenti letterari, senza tributare alcunché alla Vecchia Europa, senza minimamente preoccuparsi di dover stare all’altezza del grande romanzo europeo. Sembra che di Omero, Dante, Hugo e Tolstoj non gliene importi niente.
Il fenomeno si ripeterà altre volte. George Gershwin sviluppa un linguaggio musicale quasi classico prendendo l’avvio dalle canzonette. Il jazz – forse il più grande fenomeno musicale e culturale del XX secolo – nacque perché i neri volevano usare strumenti europei per suonare la loro musica rituale, senza riuscirci: da cui jazz, che vuol dire confusione, caos. E’ un atteggiamento artistico nuovo. Twain irrise per tutta la vita le inutili complicazioni che la lettura di troppi libri porta nella vita degli uomini. Nonostante abbia mostrato di apprezzare (con moderazione) l’Europa e l’Italia, resta il sospetto che per lui l’Europa fosse, nella sostanza, un luogo molto polveroso.
Molto si è detto del suo antirazzismo, del suo atteggiamento sospettoso nei riguardi della religione, del suo scientismo. Sono tutti elementi centrali nella sua opera. Ma se i temi della letteratura twainiana possono talvolta sembrare un po’ vecchi, il suo atteggiamento letterario, spregiudicato fino alla sfrontatezza, ha lasciato un segno che non passerà mai. La letteratura degli States si differenzia da quella – pur grande – sudamericana proprio in questo: il Sudamerica ha avuto il suo Melville (per esempio Guimarães Rosa), non il suo Twain. Il Sudamerica ha sempre guardato all’Europa come a una madrepatria, gli States se ne sono completamente emancipati.
Il suo contributo è paragonabile a quello di Nikolaj Gogol’ nella letteratura russa. Gogol’ trasferì il romanzo russo su basi completamente nuove, molto distanti dai modelli europei, e questo rese possibile una stagione – quella di Dostoevskij e di Tolstoj – che divenne essa stessa modello per i romanzieri di tutto il mondo.
Twain ha fatto la stessa cosa in America. Non è stato il suo pensiero a riformare la letteratura, ma il suo atteggiamento, la sua libertà. Leggendo Huckleberry Finn ancora oggi proviamo un brivido salutare, e il suo messaggio ci giunge ancora forte e chiaro. Il giovane vagabondo analfabeta Huck Finn è un ragazzo fermamente determinato a vivere il proprio destino da protagonista, fregandosene se non possiede i titoli accademici giusti.
La letteratura e l’arte americana – Andy Warhol è sicuramente un suo nipotino – ne hanno tratto le debite conseguenze. Per questo non sono loro a guardare all’Europa, ma è l’Europa a guardare (un po’ troppo) a loro.