Mi sono trovato recentemente a rileggere il Principe di Machiavelli, dovendolo spiegare in classe. È ironico trovarsi a leggere pagine così dense di cinismo e spregiudicatezza in un momento in cui, in Italia, sembra che la storia si ripeta. Come nel Rinascimento (ironica denominazione!) si assisteva a lotte insanguinate tra fazioni interessate solo alla presa del potere e all’ostentamento brutale della propria forza, oggi assistiamo a spettacoli di pari efferatezza tra le realtà che sarebbero chiamate alla guida del Paese. Tra orge vere o presunte, politiche o giudiziarie, notturne o consumate sotto i riflettori, a dominare è un senso di disincanto e di scandalo.
C’è chi si accontenta di continuare a scagliare anatemi morali contro la classe politica senza chiedersi come mai, posto che di anatemi morali contro i politici se ne scagliano a bizzeffe da decenni, da destra e da sinistra, nulla sia cambiato di una virgola.
Bene, in Machiavelli ho trovato un’idea che mi ha illuminato. La formulo in modo brusco: l’immoralità nella politica non è che una conseguenza della mancanza di ambizione nel popolo. Nel capitolo 19 del Principe, Machiavelli raccomanda a chi ha il potere una sola cosa: non toccare le donne e i possedimenti dei propri sudditi. Queste sono le uniche due cose che fanno infuriare la massa. Per il resto, fa’ tutto ciò che vuoi. Se ti guardi dal toccare donne e possedimenti personali, ti sei già guadagnato il favore o per lo meno la non ostilità dei più e ti dovrai soltanto occupare di mettere fuori gioco i pochi ambiziosi. Poi il potere sarà totale e incontrastato.
Machiavelli ha capito una cosa grandiosa: il Principe (che al tempo di Machiavelli era una singola persona, ora si incarna in realtà più o meno numerose) può esercitare la propria forza sprezzante e nichilista soltanto di fronte a un popolo fondamentalmente inerte, che non ha aspettative o esigenze e che non si lamenta a patto che non gli si tocchino le donne e i possedimenti, in altri termini, a meno che non gli si pestino i piedi proprio sulla soglia di casa.
L’immoralità del potente è direttamente proporzionale all’immoralità dell’uomo qualunque. Il fatto che si tratti di due forme d’immoralità diverse (nel potente sfarzosa e ostentata, nell’uomo qualunque silenziosa e indifferente) non deve confondere. Se mai vi sarà una rinnovata moralità nell’ambito di chi detiene il potere, questo dipenderà da quanto il popolo ricomincerà a desiderare (per riprendere i termini del recente rapporto Censis), cioè ad essere esigente, ambizioso, anche nei confronti della politica. Solo di fronte a un uomo che desidera l’infinito e non appena che non gli si portino via donna e possedimenti il Principe è costretto a cambiare mentalità, starei per dire, proprio se intende mantenere il potere!
Ma c’è, oggi, qualche cosa capace di ridestare questo desiderio nel popolo e far tremare Principi vecchi e nuovi?