Il tomismo, la cultura cattolica tra le due guerre, la politica. L’editore Adelphi ha ripubblicato di recente il volume di Czeclaw Milosz, poeta e intellettuale polacco, sull’opera di Jacques Maritain. oggi Avvenire riprende alcuni passi del volume, il cui il saggista polacco rievoca l’influenza di Maritain sulla cultura cattolica nel suo Paese e non solo, fino al monastero benedettino di Thomas Merton (uno dei padri del pacifismo cattolico) in Kentucky.



Milosz sembra voler sottrarre l’opera del filosofo francese dai possibili utilizzi di carattere politico. «Nella rinascita del tomismo – spiega l’intellettuale polacco – s’insinuano anche motivazioni politiche. San Tommaso d’Aquino era il filosofo preferito dei gruppi inmtegralisti cattolici, di coloro cioè che contrapponevano lo Stato corporativo (Mussolini, Salazar) agli obbrobri della democrazia liberale e del bolscevismo. In Polonia il nome di san Tommaso compariva spesso a sostegno di articoli che approvavano l’uso della forza in politica. Maritain tuttavia non si immischiava nelle controversie politiche (come un altro neotomista, lo storico del Medioevo Étienne Gilson), e i suoi trattati che adattavano l’Aquinate ai bisogni del Novecento non avallavano in alcun modo i metodi violenti in voga».



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Ma l’attenzione di Milosz si rivolge soprattutto ai rapporti tra Maritain e la Polonia: «Il gruppetto di cattolici polacchi riunito intorno alla rivista Verbum e all’istituto per bambini non vedenti di Laski si richiamava a Maritain in opposizione alla maggioranza del clero che tradiva inclinazioni nazionalistiche e spendeva molte energie nella propaganda antisemita. Su invito di Verbum , Maritain visitò Varsavia, non so se da solo o con Raïssa. L’influsso che egli allora esercitò su almeno un esponente della cerchia di Verbum era destinato ad avere effetti duraturi».



 

E il filosofo francese consegna a Milosz anche un insegnamento per i poeti: «Più che teologia, per Maritain la poesia è ontologia, sapere che riguarda l’essere. Ad ogni modo, essa non può sostituire la religione e essere fatta oggetto di idolatrica adorazione. Forse le mie letture religiose di allora non mi sono servite granché a capire me stesso, ma riconoscere il modesto posto del poeta, a dispetto di ogni ‘sacerdozio dell’arte’ (perpetuato sotto altro nome dall’avanguardia), è da considerare un vantaggio».