Sentir, riprese, e meditar […] il santo Vero mai non tradir”, queste parole dell’ode In morte di Carlo Imbonati fanno da tema alla X edizione de I Colloqui Fiorentini – Nihil Alienum.

Sembrerebbe un anacronismo: proporre certe parole oggi ai nostri giovani demotivati, senza speranze, con poche e deboli prospettive di crescita (sotto tutti i sensi), con così poco futuro davanti agli occhi; ai nostri giovani senza più desiderio, come ci descrive con feroce lucidità l’ultimo rapporto del Censis. Sembrerebbe assurdo, riproporre loro di affrontare la vita “sentendola” e “meditandola”, vivendola cioè! con tutta la forza affettiva del proprio cuore e della propria ragione: per cercare la verità! Ecco due cose che sembrano proprio fuori tempo massimo: l’uso sano della ragione e il desiderio di Verità.



Ma poi entri in classe, presenti agli studenti l’idea di partecipare ai Colloqui, spieghi il titolo, questi termini strani (“meditar”, “il santo Vero”), cominci a parlarne e ti accorgi che, un po’ confusamente, un po’ disorientati ed incerti sulle parole e forse nei pensieri, eppure tanti ragazzi hanno ben presente l’urgenza di verità e sono pieni del desiderio di capire, di conoscere realmente, di fare una vera esperienza della vita. E parti. Non c’è bisogno di altro per partecipare ai Colloqui Fiorentini, perché non c’è bisogno di altro per vivere. Basta che uno indichi una strada percorribile (in fondo era questo il tormento di Kafka) e subito si comincia a camminare. In classe, nell’orario ordinario di scuola. Si leggono e si spiegano i testi, ci si confronta, poi ci si divide in gruppi e ciascuno tenta un paragone fra sé e le parole dell’autore, tenta un’ipotesi interpretativa, fino a realizzare una tesina, che poi verrà presentata al convegno. E poi si parte per Firenze, per i tre giorni del convegno che sono il punto di arrivo di un anno di lavoro e lì scopri che ci sono altri 1.700 studenti e docenti da tutt’Italia, interessati anche loro al “sentir” e al “meditar” e al “santo Vero”. E allora si ricomincia a lavorare, ascoltando le relazioni dei docenti universitari, discutendone nei seminari, presentando le proprie tesine, tornando ad interrogare i testi. E in questo confronto con le parole dell’autore, ciascuno torna a confrontarsi con se stesso, riprende in mano il proprio cuore, i propri desideri, spesso avviliti o trascurati.



Proporre I Colloqui Fiorentini ha voluto dire per noi da sempre provocare i docenti e gli studenti partecipanti a tornare a fare i conti con la propria umanità. A partire innanzitutto dai titoli che abbiamo scelto, cioè dallo sguardo che abbiamo tentato sui vari autori.

Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?”, questo fu il titolo dell’edizione su Pavese, ma è anche direttamente una domanda a tutti coloro che vi hanno partecipato. Oppure l’anno scorso l’edizione su Leopardi: “Desiderii infiniti, visioni altere, pensieri immensi” e una ragazza vedendo il manifesto disse: “solo leggerlo mi ha rispalancato il cuore”.



Ma chi oggi propone ai giovani la scuola in questo modo? Chi fa intravedere ai giovani che è possibile andare a scuola e fare lezione per tenere vivi i suoi “desiderii infiniti”. Chi penserebbe anche solo che fosse possibile? Eppure ai Colloqui Fiorentini accade, ci accade sotto gli occhi, con una imprevedibilità che stupisce innanzitutto noi che li promuoviamo. Se questa riapertura del cuore accade un anno, si può pensare ad una coincidenza; se accade per due anni di fila, si può pensare ad un colpo di fortuna. Ma se accade da dieci anni, allora c’è qualcosa di strano, di stranamente interessante, qualcosa che vale la pena di “sentir” e su cui è bello “meditar”.

(Pietro Baroni)