Oscar Tusquets Blanco è un architetto di punta catalano di 70 anni. Al suo attivo ha tanti importanti cantieri civili a Barcellona, ma ha anche allestito sale nella sezione delle Arti decorative del Louvre. Da catalano Tusquets Blanco ha sempre seguito con interesse e passione il grande cantiere della Sagrada Familia. Negli anni 70 era stato anche tra i primi firmatari di una petizione, sottoscritta anche da tanta intelligentzia di sinistra italiana (Argan e Zevi, per esempio), per chiedere che il cantiere della cattedrale venisse fermato. Per i firmatari la Sagrada Familia doveva restare come un grande reperto di archeologia contemporanea, in quanto secondo loro la perdita dei progetti di Gaudì pregiudicava ogni possibilità di finire dignitosamente l’impresa. Quell’appello suscitò un enorme scalpore ma ebbe una ricaduta opposta alle intenzioni dei promotori: per reazione quell’anno la raccolta di fondi per finanziare il cantiere ebbe una straordinaria impennata e quindi i lavori ripresero con grande fervore.



Sono passati 40 anni da quell’appello e ben 129 anni dalla posa della prima pietra: la Sagrada Familia non è ancora conclusa, ma intanto ha vissuto un passaggio fondamentale con la consacrazione da parte di Benedetto XVI lo scorso novembre. Dal canto suo Oscar Tusquets Blanco in tutti questi anni ha continuato a guardare alla cattedrale sempre con quella riserva che lo aveva portato a promuovere quell’appello. Sinché un giorno di qualche mese fa ha ceduto all’invito di un amico architetto impegnato sul cantiere, Alfons Soldevila, a visitare la nuova Sagrada Familia.



Il risultato di quella visita, lunga e accurata, salendo sino ai 60 metri della copertura,  ora lo possiamo leggere sul nuovo numero del mensile Domus, diretto da Alessandro Mendini, accompagnato da alcune straordinarie fotografie di Rafale Vargas. Il testo di Tusquets Blanco è un grande, e quanto mai raro, atto di onestà intellettuale. «Devo ammettere di essere rimasto sbalordito», scrive. «È Gaudì allo stato puro». E ancora: «Se l’architettura è soprattutto spazio e luce, l’interno di questo tempio è Architettura con la A maiuscola: Architettura emozionale e grandiosa di fronte alla quale le eccentricità formali e strutturali sembrano giochi da bambini».



L’architetto cerca anche una spiegazione per questa sorprendente fedeltà alle intenzioni di Gaudì. La base è il modello 1:10 che lo stesso Gaudì aveva fatto realizzare: un modello molto dettagliato all’interno del quale si poteva anche camminare. Il modello venne fatto a pezzi, ma ne esistono alcune ottime fotografie e così è stato possibile riprodurlo con precisione. Scrive poi Tusquets Blanco: «La fedeltà di questa ricostruzione è stata favorita dal fatto che, nonostante la sua apparenza aleatoria, quest’opera si appoggia su delle rigide geometrie… Sono geometrie complesse, ma che una volta definite non accettano interpretazioni».

 

Tusquets Blanco ha notato molte cadute nei particolari, dalle scale elicoidali ai corrimani in inox. Ma, dice, neanche queste cadute «riescono a sminuire l’immensa qualità del monumento». E comunque sono sempre particolari prima o poi rimovibili.

 

Altro discorso è quello che riguarda i portali. Gaudì si sa, realizzò quello fantastico della Natività. Josep Maria Subirachs è stato l’autore di quello della Passione (realizzato negli anni 80, che Tusquets Blanco critica senza mezze misure). Resta quello principale della Gloria. «Esiste un artista al mondo in grado di intraprendere un’impresa del genere?», si chiede Tusquets Blanco in chiusura del suo intervento. Una domanda suona un po’ come una sfida…

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