«Il logo di Googleè dedicato a Roger Hargreaves e riproduce omaggiandolo il suo stile? Certo, l’operazione è intelligentissima: il metodo di Google viene chiamato “destrutturazione del marchio” ed è una pratica che esiste da circa vent’anni, concettualizzata nella West Coast americana», racconta Maurizio Milani, graphic designer. Il motore di ricerca più famoso al mondo sceglie di rendere omaggio a Roger Hargreaves, scrittore e illustratore britannico, con ben sedici loghi che si alternano a ogni aggiornamento della pagina di Mountain View. Hargreaves, inventore di Mr. Men, Little Miss e di altri libri per bambini, nasce nel 1935; dopo aver cominciato a lavorare nella lavanderia del padre, decide di cominciare con la pubblicità e, lavorando come direttore creativo di una società londinese, comincia a pubblicare le sue prime opere che verranno vendute in più di 100 milioni di copie. Morirà nel 1988 stroncato da un infarto. Google decide di omaggiarlo con addirittura 16 “Doodle”, un numero altissimo, quasi un record. Ma cos’è un “Doodle”? «L’immagine può essere spesso diversa rispetto a quella tradizionale, e si cerca di andare verso una definizione del marchio in cui vengono assemblate delle caratteristiche riconoscibili del logo, ma di volta in volta si aggiunge qualcosa per modificarlo in base agli eventi o alle esigenze, che possono essere di marketing , di immagine o più semplicemente poetiche e artistiche».
Qual è il vantaggio, se ne esiste uno, di cambiare il logo da parte di Google?
Google ha perseguito più di tutti questo sistema perché ne ha i mezzi, sia economici che di praticità, trattandosi di una pagina web. Lo fa spesso e gli utenti, prima o poi, si accorgeranno del cambiamento. Questo metodo ha sicuramente un grande vantaggio: Google fa sentire al pubblico la vivacità che c’è dietro il suo lavoro , fa sentire di essere vivo, fantasioso, presente e attento, quindi è chiara la differenza rispetto a un qualsiasi marchio, anche famoso, che è di qualità e basta.
Questo è fondamentale per qualsiasi attività che non sia tradizionale, ma che guardi avanti, a quello che succede, anche alle cose che sembrano meno importanti.
Hargreaves è diventato famosissimo grazie anche alla creazione di personaggi come Mr. Men e Little Miss, disegnati con linee e forme semplici. Come è possibile che dei disegni così semplici riescano a vendere milioni di copie?
È spesso presente un desiderio di linee più chiare, una logica chiamata “less is more”, per cui appunto meno si disegna e meglio è. Quindi, in contrapposizione a delle illustrazioni più strutturate in cui certe volte si arriva addirittura all’iperrealismo, che necessitano una più importante strutturazione, abbiamo questi disegni molto più semplici che riescono a trasmettere concetti anche complessi molto facilmente, attraverso l’uso di poche linee. Certo molto meno artistici, paragonati a Hugo Pratt o Pazienza, illustratori di ben altro spessore. Però evidentemente e fortunatamente questa semplicità riesce a catturare l’attenzione di molti, soprattutto dei bambini.
Da dove può trarre l’ispirazione un artista per la creazione di questi personaggi?
Spesso le idee, per quanto riguarda l’editoria per bambini, provengono da esperienze dell’infanzia. Qualcuno con cui si disegna, come la mamma, la nonna, o la maestra. Poi modificare questi ricordi con delle caratteristiche personali per arrivare a qualcosa di molto personale. Nel creare pubblicazioni per bambini, nasce tutto dal desiderio di entrare nel sogno, con la visione della realtà. Se si riesce a entrare nel mondo dei bambini si possono osservare le cose più semplici e magiche. Sono queste le molle che possono spingere verso quel mercato, che spesso va oltre il semplice guadagno.
L’artista britannico ha iniziato come lei nella pubblicità. Cosa cambierebbe alla pubblicità di oggi?
Sì anche io ho iniziato così, anche se in modo diverso. Sono sicuro che oggi mi piacerebbe vedere molta più trasparenza, perché una cosa che non sopporto della pubblicità di oggi sono i modelli di vita rappresentati, che non esistono nella realtà. Sono invece molto più a favore di una pubblicità che sia intanto più poetica ma soprattutto trasparente e vera. Se voglio pubblicizzare un prodotto di lana, devo dare un’idea di morbidezza e sofficità, non che se uso quella lana le donne cascheranno ai miei piedi. Un’altra cosa che non mi piace è l’esasperazione della volgarità, quindi usare espressioni estreme per farsi sentire. Lo scopo deve essere formativo, non volgare.
Le piace l’idea di Google di cambiare logo per celebrare personaggi o eventi?
Lo trovo entusiasmante. Riescono a trovare sempre argomenti originali, e non banali che chiunque potrebbe pubblicizzare. È la forza di Internet, avere tutte le notizie di quello che può piacere o no. Parlando di volta in volta di cose diverse, riescono a far conoscere diversi argomenti a cui magari molta gente pensava di non essere interessata. È un vero e proprio servizio, offrendo la possibilità di cliccare sul logo e andare a informarsi su quel particolare personaggio o evento. Non è solo una cosa visiva ma anche di approfondimento, per scoprire anche persone come Hargreaves, che molti in Italia non conoscevano. Si viene a sapere poi che è famosissimo in tutto il resto del mondo.