Da quindici anni l’Associazione Euresis presenta al Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini delle mostre a carattere scientifico. La mostra 2011, in sintonia con il titolo Meeting, vuole mettere a fuoco l’esperienza del diventare certi nel lavoro scientifico.

Il lavoro di preparazione della mostra ci ha portato a riflettere sul concetto di certezza nella scienza e a porci alcune domande. E’ possibile nella scienza diventare certi di qualcosa? Ma cosa significa veramente raggiungere una certezza in ambito scientifico? Di che cosa si diventa certi, del dato osservato o di una più ampia realtà che il dato indica? Quanto è importante il metodo con cui si interroga la realtà? E infine, esistono, nel percorso della ricerca, dei punti di non ritorno? Cercheremo di rispondere a queste domande non in astratto ma raccontando una storia, che ha cambiato veramente il cammino della scienza: la storia dell’atomo. La mostra ripercorrerà le tappe principali che hanno portato a questo “punto di non ritorno”, rivisitando le domande che hanno condotto all’inizio del secolo scorso, proprio cento anni fa, agli esperimenti decisivi di Ernest Rutherford e alla formulazione del suo modello atomico planetario.



Divisibili o indivisibili? Dotati di dimensioni o puri punti materiali? Queste domande, dalla prima intuizione  di Democrito, hanno percorso tutto il cammino della scienza: se le sono poste sia filosofi sia grandi scienziati del mondo arabo, del medioevo occidentale, del Rinascimento, sino ad approdare agli inizi dell’Ottocento ai primi veri esperimenti, che hanno permesso di passare da intuizioni, se pure geniali, a certezze scientifiche.



È infatti proprio l’esperienza che può  mostrarci che l’uomo è capace di raggiungere “punti di certezza” nella ricerca. Dopo l’introduzione storica e la descrizione dei primi ingenui modelli atomici, vengono presentate le prime importanti ricerche che hanno dato l’avvio alla chimica e che hanno portato poi a formulare una vera e propria “classificazione” degli atomi, con la famosa tavola di Mendeleev.

Il visitatore sarà poi invitato a immergersi nell’ambiente di un laboratorio di punta di inizio ‘900, come quello di Rutherford a Manchester, rivivendo il dibattito che ha accompagnato l’indagine sulla struttura microscopica della materia. Ma l’aver raggiunto, già nei primi anni del Novecento,  la certezza che la materia è strutturata in atomi e che questi hanno un nucleo, non ha significato affatto che era stato capito tutto dell’atomo e del nucleo. Anzi, proprio questa certezza è diventata immediatamente il terreno di nuove domande e di nuove scoperte.



Dai tempi di Rutherford a oggi, quel particolare aspetto della realtà naturale che chiamiamo atomo ha assunto sempre più il carattere di un oggetto reale, da investigare per capirne meglio la natura. Nel frattempo ha cambiato ripetutamente volto, passando da indivisibile a divisibile, da oggetto pieno a campo di forze. Con analoga logica sperimentale e con tecnologie via via più sofisticate, la natura della materia è stata esplorata sempre più in profondità, arrivando a svelare la struttura interna dei nuclei atomici stessi. Il visitatore verrà invitato a entrare virtualmente nei più avanzati laboratori, quali il Cern di Ginevra e il Culham Laboratory di Oxford, ma vedrà anche esposte alcune strumentazioni originali utilizzate tuttora in questi laboratori. 

E non c’è solo la ricerca di base sulla natura della materia: il progresso della scienza ha portato anche a sfruttare l’enorme energia racchiusa nei nuclei, quell’energia che, grazie soprattutto agli esperimenti di Fermi, con i ragazzi di via Panisperna, ha permesso di produrre e controllare i processi di fissione nucleare. Ma la scienza sta andando più avanti, con la straordinaria prospettiva di avere a disposizione, un domani, la stessa forma di energia che tiene accesi il Sole e le stelle: la fusione nucleare.

Al termine della mostra è importante fare qualche considerazione cercando di rispondere alle domande che hanno animato questo percorso. In alcuni casi, come per Rutherford, si giunge a veri e propri “punti di non ritorno”; ma arrivare a delineare in modo stabile certi tratti del mondo fisico non è soltanto l’esito di un automatismo: non sono i puri dati sperimentali a costituire il “risultato”, essi sono una trama di indizi, di “segni” che indicano qualcosa oltre se stessi. La scoperta di Rutherford non fu il semplice conteggio dei rimbalzi delle particelle alfa, ma riconoscere ciò che essi significavano: c’è sempre cioè un “salto di qualità” tra l’insieme dei dati e il diventare certi di qualche cosa.

Nel tempo, l’accumularsi di osservazioni, esperimenti, sviluppi teorici, e la loro condivisione tra gli scienziati, costruiscono una rete sempre più robusta di fattori convergenti su un punto sintetico, finché, ad un certo momento, diventa irragionevole dubitarne.

Il tema della certezza nella conoscenza scientifica mette in discussione la concezione di ragione che tacitamente ciascuno assume e svela una sorta di schizofrenia di cui a volte soffriamo. Da una parte si ritiene che la scienza detenga lo scettro della certezza: se non è dimostrato scientificamente, si dice, non possiamo esserne certi; dall’altra, si esalta il dubbio come chiave della mentalità scientifica: non possiamo mai dirci certi di nulla perché domani ci potrebbe essere un esperimento in grado di smentire la nostra ipotesi.

Eppure oggi nessun uomo ragionevole dubiterebbe che la materia è strutturata in atomi: questa certezza non è la conseguenza di una singola dimostrazione, che potrebbe essere smentita, ma dell’accumularsi di indizi, secondo un processo di verifica proprio non solo alla scienza ma a ogni forma di conoscenza.

La capacità dell’uomo di acquisire conoscenze certe è un fatto impressionante. Attraverso un cammino fatto di tentativi, smentite, contraddizioni, sconfitte ed entusiasmi, la conoscenza può giungere alla certezza. La fragilità e complessità di questo percorso mette ancor più in risalto quanto indomabile e misteriosamente efficace sia quella tensione al vero che abita in noi.

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