Un libro intitolato Esperienza elementare e diritto può destare curiosità. Fra i giuristi, per i quali è familiare l’uso della parola diritto, perché si potrebbero domandare che cosa sia mai questo concetto esperienza elementare, che normalmente non fa parte del lessico giuridico. Fra i lettori che usualmente frequentano i testi di don Giussani, per i quali l’espressione esperienza elementare non è nuova, perché potrebbero domandarsi il perché dello strano accostamento con il mondo giuridico. Come è nata, dunque, l’idea di pubblicare un libro come questo? Come sottolinea don Julián Carrón nella prefazione, il libro nasce semplicemente dall’urgenza di “verificare la capacità che l’esperienza elementare – l’espressione di don Giussani contenuta nel suo libro più noto, Il Senso Religioso – ha di illuminare alcune delle questioni irrisolte che agitano il dibattito odierno intorno al diritto e alla definizione dei nuovi diritti”.
L’esperienza elementare, come descritta da don Giussani nel Senso Religioso, è “un complesso di evidenze e di esigenze con cui l’uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò che esiste”. Tra queste esigenze ed evidenze è annoverata anche l’esigenza di giustizia. Di che natura è questa esigenza di giustizia? Quali le sue caratteristiche? Che rapporto lega il mondo del diritto positivo con questa esigenza infinita e innata nel cuore di ogni uomo? Gli autori dei diversi capitoli del libro – Andrea Simoncini, Lorenza Violini, Paolo G. Carozza e chi scrive – studiosi di diritto costituzionale, europeo e internazionale, non hanno inteso elaborare una nuova teoria o filosofia del diritto, ma più semplicemente si sono trovati ad attingere all’esperienza elementare per affrontare le problematiche giuridiche oggetto delle loro ricerche e riflessioni. Così, nel primo capitolo, Andrea Simoncini, dopo aver richiamato i più importanti passaggi in cui don Giussani esprime l’idea di esperienza elementare, si pone alcuni interrogativi fondamentali sul diritto inteso in senso oggettivo per giungere a scoprire che l’esperienza elementare offre un contributo decisivo a un aspetto che crea più di un imbarazzo ai cosiddetti giuristi “positivi”, perché aiuta a rispondere alla domanda cruciale: perché l’uomo aderisce alle regole del diritto? Perché obbedisce al diritto? Dove sta la ragione adeguata per l’osservanza delle regole?
Segue un dialogo di impronta comparatistica tra Lorenza Violini e Paolo Carozza sui diversi modelli giuridici dell’Europa continentale e del sistema americano. Due modi diversi di rispondere alla medesima esigenza di giustizia, che bene dimostra come l’esistenza di una comune esperienza umana non sia antitetica al pluralismo delle culture, come affermava chiaramente don Giussani: “questa esperienza elementare […] è sostanzialmente uguale in tutti, anche se poi sarà tradotta, realizzata in modi diversissimi, apparentemente persino opposti”. Infine, un capitolo sui diritti individuali. Da dove nasce l’attuale proliferazione dei diritti soggettivi? Quale l’esigenza a cui essi vorrebbero rispondere? C’è un ideale profondo alla radice dei diritti umani e del loro moltiplicarsi, ed è l’aspirazione alla giustizia che abita il cuore umano. Il nodo problematico che è all’origine della confusione da cui deriva l’incontenibile proliferazione di diritti è l’erronea convinzione che maggiore è il numero dei diritti più vicina è la meta della giustizia e che minori sono i limiti ai diritti, più vicina è la realizzazione della giustizia. Ma diritti illimitati nel contenuto e nel numero sono esposti a una degenerazione utopistica, dimentichi come sono che l’esigenza di giustizia che ogni uomo sperimenta è di natura infinita. Nell’insieme, il libro pone un’opzione di metodo fondamentale, suggerendo che alla base di molti degli enigmi giuridici del nostro tempo si ponga una questione che è anzitutto di natura antropologica.