Si chiama Haruki Murakami e i suoi libri stanno spopolando in tutto il mondo. Li paragonano ad Harry Potter, «ma solamente perché, probabilmente, il successo che otterranno, in termini di vendite, sarà analogo. Ma i suoi ispiratori – il cui tratto si ravvisa nelle sue opere – sono Camus, Kafka e Orwell», spiega a IlSussidiario.net Jasmina Lukic, docente della European University di Budapest. E, in effetti, il titolo della sua trilogia – per la quale le librerie Usa sono rimaste aperte sino a mezzanotte – non lascia adito a dubbi: 1Q81. La semiomonimia con il romanzo distopico dello scrittore inglese è palese. Murakami, nel suo corposo volume da più di mille pagine, ha voluto omaggiare il suo mentore con un gioco di parole. In giapponese, infatti, il numero 9 si pronuncia in maniera molto simile alla lettera “q” (“kyuu”). Pubblicato per la prima volta nel Paese del Sol Levante nel maggio del 2009, ad un mese dall’uscita vendette più di un milione di copie; mondi paralleli, l’amore, la morte, l’intreccio delle vite di Aomame, un sicario, e Tengo, uno scrittore sono gli ingredienti della fatica di Murakami. «La sua peculiarità – spiega la Lukich – è, anzitutto il suo stile: eccentrico, quasi bizzarro. Racconta la quotidianità, gli elementi della vita di ogni giorno e le cose più semplici, con un gusto surreale». Anche la sua visione del mondo è particolare: «nelle sue storie si incontra una sorta di esistenzialismo antico adeguato al contesto contemporaneo». Le analogie con Orwell non si esauriscono nel titolo. «Entrambi hanno la capacità di de-familiarizzare la vita quotidiana. Il tempo dei protagonisti scorre in luoghi che non gli appartengono; la vita di tutti i giorni si realizza in contesti estranei, freddi, quasi ostili». Non a caso, uno dei temi maggiormente ricorrenti è quello della paura. «Nei racconti di Murakami gli individui, spesso, vengono colti da un senso di paura e angoscia di cui non conoscono la provenienza. Il successo dei suoi romanzi è legato anche alla capacità di evocare in maniera tangibile il sentimento della paranoia, nel nostro mondo largamente diffuso».
La paranoia si concretizza nel dominio che il potere esercita sulla persone. «Gli uomini di cui Murakami parla, spesso, avvertono il senso di un opprimente controllo sulle loro vite. Sono angosciati da una subdola forma di potere: qualcuno li sorveglia e orienta le loro azioni; non riescono, tuttavia, a dare un volto a questo qualcuno. Rimane, sulle proprie esistenze, un indefinito senso di alienazione». Temi tipici della distopia, che affascinano sempre il lettore di oggi. «Oltre – conclude le professoressa – al gusto dell’esotico e della curiosità per ciò che è diverso; non dimentichiamoci, infatti, che le sue opere sono intrise degli elementi della cultura giapponese».