«Persone giovani si erano rese conto che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va». E poi: «L’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente». Sono le parole che Benedetto XVI, durante il suo discorso al Bundestag, ha dedicato ai movimenti ecologisti sviluppatisi in Germania a partire dagli anni 70. Una citazione che ha sorpreso molti, nel bel mezzo di un discorso riservato al diritto e ai fondamenti della legge. Ilsussidiario.net ha cercato di capirne il senso con Alberto Indelicato, diplomatico, ultimo ambasciatore italiano nella Germania comunista.
Se la cultura europea, come ha detto il Papa al Bundestag, è nata dall’incontro di Gerusalemme, Atene e Roma, dove sono nati invece i verdi tedeschi?
Occorre una premessa. Quel riferimento che il Papa ha fatto ai movimenti ecologisti va inquadrato nel suo contesto. Benedetto XVI ha fatto un discorso «alto», di tipo più filosofico che strettamente politico. Qui c’è stato il riferimento all’identità europea e alle tradizioni che la costituiscono, quella ebraico-cristiana, greca e romana. Il riferimento all’ecologia non è estraneo a quelle eredità.
In che modo?
Ci arriviamo. A mio avviso però, per capirlo, occorre prima giungere alla coscienza. Mi permetta di fare un inciso. Molti forse non se ne sono accorti, ma Benedetto XVI ha citato la Sharia senza nominarla. Ha detto che il cristianesimo, a differenza di altre religioni, non detta norme giuridiche; invece la Sharia dice ai musulmani cosa devono fare e lo fa da un punto di vista strettamente giuridico, al pari di una legge. Ma in uno stato democratico, con buona pace dei ribelli libici, la legge la fa la maggioranza e non la Sharia…
Ma la maggioranza non è tutto.
Vero. Il Papa ammette che le leggi devono essere fatte dalla volontà popolare, ma c’è un pericolo: e se la volontà popolare è malvagia? Allora, il punto è la differenza tra una concezione nella quale il diritto è dettato dalla natura – lui dice dalla coscienza, e in definitiva dallo spirito divino che c’è nella coscienza degli uomini – e una visione positivista, in base alla quale è legge solo quella che sta scritta nei codici.
E gli ecologisti cosa c’entrano?
È una grande «rivelazione» della modernità il fatto che la natura va rispettata, proprio per la legge morale di cui parlava implicitamente il re Salomone (il «cuore che ascolta», organo del bene). Quindi la giustizia si applica dovunque, anche alla natura. Ma qui c’è forse qualcosa che agli ecologisti non piace: attenzione, dice il Papa, anche l’uomo ha un aspetto «naturale». Se gli ecologisti dicono, e a ragione, che occorre dare il giusto rilievo alla natura, alla natura esterna, lo stesso si deve fare – ammonisce Benedetto XVI – rispetto alla natura dell’uomo. Bene dunque rispettare ciò che è fuori di noi, ma c’è qualcosa che sta in noi che è dato, esattamente come ciò che è fuori di noi, e come tale va rispettato. E infatti il Papa ha detto: non ci creiamo da soli.
L’ambientalismo tedesco è stato determinante per la politica tedesca, ma in Italia non è stato così: la cultura ambientalista sembra relegata ad uno stato di minorità politica. È d’accordo? Come lo spiega?
È innanzitutto una questione di persone e poi di cultura. La classe politica verde italiana non ha mai elaborato una filosofia. Questo ha senz’altro inciso sul nostro ambientalismo. I nostri verdi sono sempre stati una sorta di appendice della sinistra, mentre i verdi tedeschi hanno un’origine più liberale. Lo dimostra storicamente la lotta contro il comunismo: infatti uno degli elementi che hanno scosso le basi fisiologiche del regime comunista tedesco-orientale è stato proprio l’ambientalismo. Nei paesi comunisti, e in particolare nella DDR, la corsa all’industrializzazione aveva portato ad un degrado della natura tale da alimentare un ambientalismo essenzialmente antitotalitario. Cosa che da noi non è avvenuta, perché l’ambientalismo nostrano si è radicato prima in funzione filo socialista e poi antiliberale. Mentre i verdi tedeschi sono contro l’energia atomica per ragioni puramente ambientaliste, quelli italiani sono nati dalla protesta creata artificiosamente dall’allora Unione sovietica contro l’energia atomica prima militare e poi civile.
Quanto potranno pesare i movimenti ecologisti e i partiti politici verdi nel futuro della Germania?
Molto, perché la delusione nei confronti dei partiti tradizionali è assai forte. Si è detto: “ma a Berlino hanno vinto i socialdemocratici…”, sì, ma questo è avvenuto per l’abbandono dei competitori, e infatti non hanno aumentato i propri voti se non dell’1 o del 2 per cento. Non la si può definire una vittoria. Ora la strada dei verdi è acquisire maggiore coscienza di sé e maggiore indipendenza. Hanno davanti a sé buone prospettive. In ogni caso, quanto in futuro la Linke possa diventare verde al Papa non interessa.
(Federico Ferraù)