«Auguste Rodin, nato a Parigi nel 1840 e morto sempre a Parigi nel 1919, è stato senza dubbio il maggior scultore francese del secondo Ottocento. Fondamentale è stata per lui la scoperta dell’arte di Michelangelo, che vede in un viaggio in Italia del 1875». Insieme a Elena Pontiggia, docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Brera, ripercorriamo la vita e le maggiori opere di Auguste Rodin, a cui Google dedica oggi il proprio logo per celebrare il 172esimo anniversario della nascita. «Nelle sue opere c’è sempre un grande pathos. – continua a spiegarci la Pontiggia – Non per niente Boccioni, padre del futurismo, diceva che le sue sculture erano “peccati michelangioleschi”. E certo nelle opere di Rodin l’enfasi non manca, anche se per la verità è un’enfasi più vicina a Victor Hugo che a Michelangelo. Eppure, in un’arte come la scultura che nella seconda metà dell’Ottocento era apprezzata soprattutto per un virtuosismo fine a sé stesso (erano gli anni in cui, da noi, si lodava il Barzaghi perché nel monumento a Manzoni di piazza San Fedele, a Milano, era riuscito a scolpire anche le asole del pastrano) la violenza espressiva e la potenza drammatica di Rodin hanno esercitato un magistero decisivo».
Lo stesso Boccioni aveva però rivolto alcune critiche al lavoro di Rodin. Quanto alle altre accuse che gli muoveva Boccioni, cioè di non essere abbastanza moderno (“Auguste Rodin – scriveva – porta nella scultura un’ispirazione inquieta, un impeto lirico grandioso che sarebbero veramente moderni se Michelangelo e Donatello non li avessero avuti quattrocento anni orsono… “), oggi ci sembrano meno gravi. Forse non siamo più così orgogliosi di essere veramente moderni. E comunque vale per l’arte di Rodin, e per l’arte in genere, quello che Storer diceva della poesia: “La poesia è sempre antica, come le montagne. Ed è nuova come loro”.
Cosa può dirci della celebre Porta dell’Inferno? La monumentale Porta dell’inferno, commissionata a Rodin nel 1880 per un Museo d’Arti decorative che non sarà mai realizzato, impegna l’artista per quasi trent’anni. Nel corso dei decenni un popolo di figure prende ad animare quella porta gigantesca, ispirata all’Inferno dantesco: le statue rodiniane più famose, come Il pensatore o Il bacio, nascono per quel progetto. E, accanto a loro, si affollano Le ombre, L’eterna primavera, Paolo e Francesca, Adamo, La cariatide, Fugit Amor e tante altre: in tutto 227 figure, per non parlare delle centinaia di disegni preparatori.
Che significati possiamo ritrovare in quest’opera? E’ insieme un groviglio e un’Apocalisse. Rilke, che di Rodin fu il segretario, scrive che “i corpi si toccavano in ogni punto e si allacciavano con la ferocia di animali in lotta quando precipitano nel vuoto”. “Ho vissuto un anno intero con Dante non vivendo che di lui e con lui” ha confessato da parte sua Rodin. E anche: “Dante é uno scultore letterario”, una definizione in cui si può cogliere qualche ironia, visto che quella di essere uno scultore letterario era l’accusa che più spesso si sentiva rivolgere lui stesso. Si potrebbe ricordare tra le sue opere Balzac, di cui Rodin eseguì (grazie agli uffici di Emile Zola, che gli ottenne la commissione) un ritratto colossale.
Ce ne parli.
Lo aveva rappresentato chiuso come in una toga romana in un lungo cappotto, creando così una sorta di enorme pilastro che, con la sua natura soprattutto architettonica, piacque poco ai contemporanei. “Sacco di carbone” e “larva informe” furono i complimenti che il monumento ricevette, anche se un Brancusi disse invece che era il punto di partenza della scultura contemporanea.
Senza dubbio importante anche I borghesi di Calais. E’ certamente un’altra opera tra le più significative di Rodin, in cui rappresenta un episodio della Guerra dei Cent’anni: sei cittadini di Calais, appunto, si offrono in ostaggio all’esercito inglese in cambio della liberazione della città. Verranno poi graziati, ma Rodin li rappresenta mentre pensano di andare incontro alla morte e la scultura (o meglio, il gruppo plastico) diventa così una meditazione drammatica sul senso dell’esistenza. E infine va ricordato L’uomo che cammina del 1900-1907: una figura che avanza, mutilata come una statua antica. Non c’è più il corpo in senso accademico, ma il corpo come slancio vitale mistero: quasi una domanda sul destino dell’uomo.