Gaston Bachelard (1884-1962), pensatore eccentrico e originale all’interno dello scenario della filosofia francese del novecento,  segna generazioni di pensatori con la sua figura, divenuta leggendaria per la peculiarità del suo pensiero e il fascino della sua persona e per la sua straordinaria attività di epistemologo e di studioso dell’immaginazione degli elementi materiali e della rêverie (“fantasticheria”). Può evocare, per la poliedricità della sua produzione, Pavel Florenskij (1882-1937), figura di grande rilievo culturale, matematico e filosofo dell’arte e del linguaggio, che, al pari di Bachelard, offre contributi significativi sia sul fronte scientifico che sul piano estetico.



Molto si è detto in reazione a questa sorprendente doppia produzione di Bachelard, appellandolo “Giano bifronte”, l’uomo del giorno e della notte; molto si è scritto alla ricerca della spiegazione della sua straordinaria attività, ma spesso si è  scelto di studiare solo l’epistemologo o solo il rêveur, soluzione possibile offerta dal “doppio” Bachelard, ma riduttiva rispetto alla portata del suo pensiero che proprio in questa complessità di produzione sfida una concezione asfittica di ragione. Ha obbligato intere generazioni a fuoriuscire dalla tentazione sempre viva di riduzionismo e cioè di limitare la ragione alla sola ragione scientifica, confusa via via, per lo più, con il paradigma scientifico in vigore (meccanicismo, vitalismo, positivismo, evoluzionismo…) o addirittura ricondotta a empirismo o, ancora, identificata con la tecnologia.



Rispetto alle chiusure sempre ritornanti di una scienza che si sclerotizza in descrizioni oggettive e rigidi paradigmi e che, per questo, si rende incapace di interrogarsi sui propri metodi, la riflessione bachelardiana si impone come un pensiero al lavoro che produce effetti e misura il movimento dinamico – vale a dire attivo – della ragione. Ma Bachelard ha anche aperto gli spazi immaginari degli elementi materiali e della poetica: fuoco, aria, acqua e terra hanno preso vita ed energia dinamica nelle sue riflessioni sulla rêverie dando luogo a immaginazioni formali che producono novità oppure a immaginazioni materiali che lavorano in profondità alla ricerca di un humus originario e originante.



Personalmente ritengo importante sottolineare il comune asse che guida le due opposte direzioni (quella oggettiva della conoscenza scientifica e quella della soggettività poetica) per cercare nell’opera di Bachelard un’unica e profonda tensione per la razionalità e, al tempo stesso per l’uomo nella sua interezza, come lui stesso dice, per “l’uomo delle ventiquattro ore”. 

Con questa immagine efficace Bachelard ci consegna l’istanza che una riflessione sul razionalismo non può ignorare l’uomo notturno della rêverie che sogna e immagina così come non può trascurare l’uomo diurno, vigile, che sperimenta e calcola. Questa doppia base dell’antropologia – concetto e immagine, estetica del linguaggio e razionalizzazione dell’esperienza – stabilisce una polarizzazione che, benché instabile, permette prospettive di profondità nell’umano.

In questo modo ciò che sembrava  irrisolto e problematico nella doppia produzione di Bachelard, evidenzia ora la sua feconda originalità in quanto si mostra capace di risponde all’esigenza di un sapere che oggi si impone come necessariamente plurale: filosofi, scienziati, artisti e critici letterari, vengono interpellati dalla sua riflessione e, non solo sulle loro competenze e sulla produzione dei loro linguaggi, ma anche sulla ragione che mette in questione le loro pratiche.

A cinquant’anni dalla morte sorprende l’attualità del suo pensiero nel concepirsi come un’attività sempre esposta al nuovo, una razionalità impegnata a non lasciarsi rinchiudere in nessuna teoria o ideologia così come colpisce la feconda originalità nel pensare il rapporto tra l’uomo e il suo sapere.

È in corso un convegno, Bachelard e le provocazioni della materia all’Università di Milano-Bicocca (7 marzo) e all’Università di Bergamo (8 e 9 marzo) dove convergono i contributi dei più significativi studiosi a livello internazionale del pensiero di Gaston Bachelard per interrogarsi sulla portata teorica e sull’attualità del suo contributo. Il titolo del convegno utilizza un’espressione bachelardiana per corrispondere alla complessità del sapere che mette in campo: annuncia considerazioni del rapporto tra materia e immaginazione, ma interpella radicalmente anche il lato epistemologico del pensiero bachelardiano.

La materia provoca: la materia, gli elementi, il mondo non si offrono immediatamente alla funzioni figurative e trans-figurative dell’immaginazione o a quelle chiarificatrici della ragione, ma resistono ad esse, le provocano, costringendole ad una continua diversificazione e riorganizzazione che mette in questione la soggettività stessa che la interroga in un movimento in cui la ragione si fa creatività.