Caro Direttore,

Debbo confessare che poche volte nella vita sono stato così colpito come ieri mattina, quando ho visto le immagini del Papa sofferente e nello stesso tempo deciso nell’indicare la strada maestra ai sacerdoti di Roma e, attraverso il suo messaggio, a tutti i sacerdoti del mondo.

Chi scrive è uno che ha vissuto in pieno il sessantotto, anzi posso dire che, assieme agli altri seminaristi di Roma, l’abbiamo anticipato. Il Concilio era iniziato da qualche anno e già si notavano segni di fermento, buoni da una parte, negativi dall’altra. Era la domanda per un rinnovamento della Chiesa, di un linguaggio più comprensibile per il mondo moderno, di esigenza di verità, giustizia, dialogo anche all’interno dei Seminari e delle Università pontificie.



D’altro canto era anche la messa in discussione dei Seminari stessi, l’abbandono della vita religiosa e sacerdotale. Ho visto decine di miei amici abbandonare la vocazione e andarsene per altri lidi, ammaliati da ideologie o da sirene rivelatesi poi ingannevoli. Era l’epoca dei vari Mazzi, Balducci, Franzoni. Proprio in quegli anni uscì un famoso libretto dal titolo L’obbedienza non è una virtù, che divenne come il manifesto per la contestazione dentro e fuori la Chiesa.



Occorre dire comunque che un certo ideale accompagnava una ricerca che era sincera in molti di noi.

Tale clima si protrasse fino agli anni ’70.  In quell’anno ottenni la Licenza in teologia. Sono stato ordinato sacerdote nel ’71, dopo gli studi di teologia e quasi un anno di diaconato, scandalo per molti, abituati all’ordinazione presbiterale  a ridosso di quella diaconale.

Ero contento della mia vocazione, ma era come se Cristo non c’entrasse con la mia esperienza quotidiana. Ricordo infatti che le prime omelie erano piene di citazioni di autori famosi allora, come K. Rahner, E. Schillebeecx, e testi, come il Catechismo olandese, ma senza alcun riferimento all’esperienza personale. Al massimo raccontavo della mia esperienza in reparto con gli ammalati e il desiderio di cambiare atteggiamenti e strutture in ordine ad un servizio più degno.



Cristo era una conoscenza teorica, ma non toccava il cuore.

Per grazia incontrai dopo un anno  o poco più alcuni universitari, che mi condussero  a incontrare nella mia esperienza umana ciò che avevo studiato sui libri. Ricordo che alla prima riunione cui partecipai non compresi quasi nulla del loro linguaggio ermetico, ma due cose mi colpirono: il richiamo all’unità e all’obbedienza reciproca.

A me, abituato all’individualismo e a decidere da solo, non era certamente facile accettare quella provocazione. Passarono alcuni mesi di riflessione e di rinvii. La vacanza estiva con gli universitari di Roma fu decisiva per intraprendere assieme ai primi amici di Napoli un’esperienza che segna ancora oggi in maniera decisiva la mia vita e la loro. Cristo non è un’idea, ma una Persona.

La celebrazione della Messa crismale di ieri in S. Pietro è come se avesse riportato di colpo a quarant’anni addietro. Il Papa ha fatto riferimento esplicito al movimento di preti dell’Austria e di paesi limitrofi, chiedendo e annotando con delicatezza: La disobbedienza è una via per rinnovare la Chiesa? Vogliamo credere agli autori di tale appello, quando affermano di essere mossi dalla sollecitudine per la Chiesa; di essere convinti che si debba affrontare la lentezza delle Istituzioni con mezzi drastici per aprire vie nuove – per riportare la Chiesa all’altezza dell’oggi.

Ha posto poi la domanda: Ma la disobbedienza è veramente una via? Si può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è il presupposto di ogni vero rinnovamento, o non piuttosto soltanto la spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?

Qui è il punto. L’alternativa è tra l’adesione, la conformazione a Cristo o la spinta disperata a fare qualcosa secondo i miei desideri e le mie idee. La grazia incontrata mi spinge nella prima direzione. La tristezza accompagna la percezione che per molti, in particolare per i sacerdoti, la seconda è quella più seguita.

La preghiera in questo Venerdì santo è che sia dato anche a loro di poter incontrare non un’idea, ma una Persona, come Benedetto XVI ci ha spesso richiamato e che ieri, con commozione, ho sentito ripetere da un mio Confratello ottantottenne.

 

(Antonio Puca)

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