Un nuovo libro di Antonio Socci, che segna per il giornalista un nuovo esordio. Dopo molti saggi e inchieste, Socci infatti si affida per la prima volta al romanzo. Lo fa con I giorni della tempesta (Rizzoli, 320 pgg. 18 euro) già definito da qualcuno un “Vatican thriller” che, al contrario di Dan Brown, invece di attaccare la Chiesa la difende. Per scriverlo, Socci ha immaginato un autentico giallo che comincia con l’assassinio di un prete pedofilo, si sviluppa con un furto di documenti segreti del Vaticano e vede il governo italiano confiscare alla Chiesa l’8 per mille per far fronte al rischio default. Ambientato nel 2015, il libro sembra riprendere in modo evidente quanto già stiamo vivendo, altro che fiction. In mezzo a tutto, la figura della mistica Maria Valtorta, figura realmente esistente, che indicò tra le altre cose il luogo della reale sepoltura di Pietro in una catacomba romana, invece che dove viene indicato oggi. Socci, contattato da IlSussidiairo.net, lo definisce “un libro che sul piano puramente culturale e spirituale parla di questa nostra società alla ricerca di un padre, un padre che vuol dire anche un punto di riferimento culturale e sociale e, perché no, anche politico. In questo senso la ricerca del corpo di Pietro vuole rappresentare proprio la ricerca dell’origine, del punto originario. La figura di Pietro quindi, la storicità della sua persona, ci rimandano a quella necessità che la Chiesa ha sempre, quella di tornare all’origine, al momento in cui è scaturita, l’avvenimento da cui è nata”.



Socci, questo è il suo esordio come romanziere. Da cosa è scaturita questa esigenza: passione o bisogno di comunicare a una platea più ampia?

Tutte e due le ragioni, quella del piacere di narrare, di raccontare con un linguaggio che permette di comunicare molte cose contemporaneamente, quindi di non avere solo un linguaggio conoscitivo come quello della saggistica, ma comunicare anche emozioni e intuizioni. In questo caso, trattandosi di una storia ambientata in un 2015 immaginario, l’idea era di raccontare un momento di smarrimento generale.



Cosa intende per smarrimento generale?

L’idea è stata quella di prendere come metafora la situazione della Chiesa prima di un Conclave, che desse in qualche modo quel senso di spaesamento e di smarrimento che è un po’ lo stato d’anima della nostra epoca. Se vogliamo metterla sul piano puramente culturale e spirituale, questa società è alla ricerca di un padre, un padre che vuol dire anche un punto di riferimento culturale, sociale e, perché no, anche politico.

Politico?

La mancanza di leader a livello planetario come a quello locale è drammatica. E si sente, perché la paternità è quella presenza che permette un approccio alla realtà.



Nel libro si parla della ricerca del corpo di Pietro: è questo il padre che lei immagina? 

Per quanto riguarda il soggetto specifico ho usato questa metafora. La ricerca del padre diventa la ricerca del Papa inteso come ricerca dell’origine, del punto originario. La figura di Pietro, il corpo di Pietro – quindi la storicità della sua persona – ci rimandano alla necessità della Chiesa di tornare all’origine, al momento in cui è scaturita, all’avvenimento da cui è nata.

In questo senso il suo libro può essere un libro per tutti, non solo per chi ha interesse nell’argomento strettamente religioso? Nel suo libro c’è più di un riferimento allo smarrimento in cui si vive oggi, penso all’ultima generazione di giovani che navigano, per così dire, senza rotta alcuna.

Il libro nasce da questa possibile scoperta archeologica, la tomba e il corpo di San Pietro, scoperta che avrebbe un significato storico e teologico immenso. Più ampiamente, il libro vuole essere una storia sul nostro tempo. La data, il 2015, è una metafora per parlare di oggi, di una società e una cultura che sembrano impazzite, senza punti di riferimento, ideologicamente e incomprensibilmente ostile alla Chiesa, che comunque, per quanto riguarda la società europea, è un punto di riferimento quanto meno sotto il profilo storico e culturale. 

Curiosamente nel suo libro si parla del governo che confisca l’8 per mille alla Chiesa per risanare i suoi conti. Proprio in questi giorni i radicali hanno chiesto allo Stato di confiscare la metà dell’8 per mille della Chiesa per risolvere la situazione economica.

C’è un episodio ancor più curioso. Nell’estate dell’anno scorso, quando il lavoro era ancora in bozza, venne fuori qualcuno che aveva mandato al Papa una specie di mandato di comparizione. Ricordo che la Rizzoli mi chiese come avevo fatto a prevederlo… La crisi economica è più di una ipotesi, perché purtroppo è lo stesso Stato italiano che è nato sulla crisi economica scatenata dalle guerre di indipendenza, crisi che ha pensato di affrontare con l’esproprio di proprietà ecclesiastiche. Non è una novità che le finanze dello Stato italiano sono state letteralmente costituite con l’esproprio dei beni ecclesiastici.

La Chiesa sempre vista come privilegiata.

Pensiamo alla polemica sull’Ici. Francamente non ritengo sia il caso di fare del vittimismo, può essere benissimo che l’8 per mille possa essere diviso, non facciamo una guerra di religione per questo. Però quando si innescano certi meccanismi c’è dietro una spinta ideologica. 

Parliamo della figura di Maria Valtorta. Lei ha sempre avuto un forte interesse per la mistica come esperienza della fede. 

Ho sempre avuto un forte interesse per questo tipo di personalità. Con un certo stupore ho scoperto recentemente personaggi che io ho stimato molto, penso a grandi pensatori della Chiesa, da Von Balthasar a Ratzinger stesso, sostenere che l’esperienza mistica dentro la Chiesa è una cosa grande, che deve ancora essere valorizzata e trovare il suo statuto. E’ come una di quelle forme con cui la Grazia in ogni tempo soccorre la Chiesa.

E Maria Valtorta?

Sebbene fosse sempre vissuta in Toscana non avevo mai conosciuto questa figura. Invece sono rimasto colpito a dir poco, anzi emozionato, da questa opera strepitosa che lei ha scritto (L’Evangelo come mi è stato rivelato, ndr). Una donna che ha vissuto a livello eroico le varie virtù, tanto è vero che per ventisette anni è rimasta bloccata in un letto vivendo con una fede incredibile questa sua condizione di malattia. Nella sua vita ebbe queste esperienze mistiche in cui Gesù le ha fatto rivivere giorno per giorno tutta la sua vita. 

Impressionante.

Io stesso ho affrontato con un po’ di scetticismo questi suoi scritti, che invece alla fine mi hanno travolto. Il mio libro in realtà non si svolge intorno a questo, ma intorno ad altre indagini e sue rivelazioni, avute da Gesù stesso sui primi tempi dei cristiani a Roma e sulla sepoltura di Pietro. 

Che come dicevamo è il cuore del libro, la ricerca di Pietro.

E’ ricerca del legame con l’evento originario, la ricerca di Pietro come ricerca del cuore della Chiesa. Il martirio di Pietro è una delle cose fondamentali per le sue conseguenze decisive per la Chiesa, perché la presenza di Pietro a Roma è ciò che fonda il primato del vescovo di Roma, la continuità apostolica. La presenza di Pietro a Roma è documentata benissimo attraverso documenti storici, non si può metterla in discussione, ma il ritrovamento del corpo avrebbe una impatto enorme. Gesù dice alla Valtorta che è un dono grandissimo che Egli fa alla Sua Chiesa quello di rivelare dove si trova. Ma dice anche: prima ancora del corpo dovete ricercare lo spirito di Pietro e dei primi cristiani. Quanto ci dice Gesù tramite la Valtorta ci dà anche la misura della quantità enorme di martiri di quella Chiesa, numero oggi grandemente sottostimato. Roma di fatto è costruita su una unica catacomba che contiene migliaia di martiri.  

Il suoi libro si conclude con l’elezione di un Papa cinese: è un modo di dire che il futuro della Chiesa arriverà dal cosiddetto  terzo mondo?

L’idea viene dal fatto che il filo che regge il libro è quello del martirio. Già dalla scena del “quo vadis”, in cui si dice che il martirio di Pietro era necessario per vincere il paganesimo. E’ una visione della storia ribaltata rispetto a quella che abbiamo. Il martirio dei cristiani di Roma poteva essere considerato una disfatta, invece da allora attraverso la Croce anche nel nostro tempo si rinnova la vittoria della fede. Il  Papa cinese viene da un Paese perseguitato e ricorda anche Giovanni Paolo II, che veniva anche lui da un Paese perseguitato e che invece ha sconvolto tutti i piani del mondo e anche della Chiesa.

 

(Paolo Vites)