Il 29 maggio 2012, nel corso della sua visita in Friuli, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha reso omaggio alle vittime delle Malghe di Porzûs, dove nel febbraio del 1945 un commando di GAP comunisti trucidò 21 partigiani delle formazioni Osoppo. La loro unica colpa era quella di non aver voluto cedere alle pretese delle formazioni di Tito che, con l’appoggio dei comunisti italiani di quella zona, puntavano all’annessione di ampie zone del territorio italiano. E’ stato presentato ieri al Meeting di Rimini il volume, a cura di Tommaso Piffer, Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale (Il Mulino, 2012), che ha rivestito un ruolo importante nel rendere possibile il clima all’interno del quale è maturata la visita del Presidente della Repubblica e del quale IlSussidiario.net ha dato conto in un recente articolo.
Tommaso Piffer, che significato riveste l’omaggio del Presidente della Repubblica ai caduti di Porzûs?
Con la sua presenza e con le parole che ha pronunciato, il presidente Napolitano ha definitivamente riconosciuto il ruolo dei martiri di Porzûs nella difesa dell’integrità del Paese e della libertà di tutti. Si è trattato di un gesto molto importante, che ha posto fine a decenni di calunnie volte a diffamare le vittime con accuse di attendismo e connivenza con il nemico, addossando paradossalmente loro la stessa responsabilità dell’eccidio.
È la prima volta che un Presidente della Repubblica si reca a Porzûs?
In forma ufficiale sì. Nel 1992 il presidente Cossiga espresse il desiderio di recarsi in visita alla Malghe dove avvenne l’eccidio, ma gli fu impedito dallo scatenarsi di una furibonda polemica politica. Cossiga dovette rinunciare alla visita e successivamente si recò alle Malghe in forma privata.
Cha cosa ha reso possibile il gesto di Napolitano?
Innanzitutto la ferma volontà del Quirinale di proseguire sulla strada della “pacificazione in nome della verità” intrapresa ad esempio in occasione delle numerose iniziative volte al ricordo delle foibe. Da questo punto di vista il Presidente Napolitano ha dimostrato un indubbio coraggio personale e politico, superando le obiezioni di quanti avrebbero voluto una commemorazione in tono minore o addirittura che non ci fosse alcuna commemorazione. Ha inoltre contribuito un clima più disteso nel dibattito pubblico e anche nella ricerca storica, che affronta orami questi temi con molti meno pregiudizi di quanto avveniva fino a qualche anno fa.
Di questa nuova stagione storiografica il volume presentato al Meeting di Rimini rappresenta certamente un passaggio significativo. Possiamo dire che la ricerca storica ha fatto piena luce su questa vicenda?
Possiamo dire che esiste ormai un generale consenso sulla radici ultime dell’eccidio, che vanno ravvisate nella profonda ostilità ideologica dei gappisti nei confronti di formazioni che si ponevano come un ostacolo alle pretese annessioniste slovene e all’estensione di un sistema di stampo collettivista che poco aveva a che fare con la democrazia che l’Italia ha fortunatamente conosciuto nel dopoguerra. Anche il ruolo di Togliatti nell’appiattire le posizioni del Pci su quelle jugoslave in questa zona non mi sembra sia suscettibile di particolari revisioni. Ma tanto lavoro rimane ancora da fare per chiarire ad esempio tutte le dimensioni internazionali dell’eccidio o anche le vicende relative ad alcune delle singole vittime, che restano poco chiare. La ricerca storica non si ferma mai, ed è bene che sia così.
Le Malghe di Porzûs sono state recentemente dichiarate “sito di interesse storico-culturale”. Cosa vuol dire?
Vuol dire che anche dal punto di vista formale si riconosce l’importanza di questo luogo, e di quanto vi è avvenuto, per la storia d’Italia, e la sua appartenenza alla memoria di tutto il Paese, al di la delle divisioni politiche e delle polemiche storiografiche.