L’anno prossimo cadrà il XVII centenario del cosiddetto ‘editto’ di Milano, che pose fine alle persecuzioni contro i cristiani e concesse la libertà di culto a tutti, quale che fosse la religione professata. Il provvedimento, che conosciamo soprattutto attraverso Lattanzio ed Eusebio di Cesarea, contemporanei di Costantino, è in realtà una circolare molto articolata sull’applicazione delle decisioni prese a Milano da Costantino e Licinio al principio del 313, in occasione del matrimonio di Costanza, sorella di Costantino, con Licinio.
I due Augusti avevano concordato una serie di provvedimenti che oltre a ribadire la libertà di culto per i cristiani, già concessa due anni prima da Galerio con l’editto di Serdica e in precedenza da Gallieno, nel 262, imponevano anche la restituzione immediata dei beni ecclesiastici, sia privati che delle comunità cristiane di tutto l’impero, espropriati durante la grande persecuzione iniziata nel 303 per volontà di Diocleziano. La persecuzione di Diocleziano, non diversamente da quelle precedenti all’editto di Gallieno, era motivata dalla volontà di salvaguardare la religione dell’antica Roma, quella pagana. Perciò il rifiuto dei cristiani di sacrificare agli dei e di prestare culto all’imperatore rappresentava un crimine di sacrilegio e di lesa maestà.
Non si può dimenticare, a parziale giustificazione dell’atteggiamento degli imperatori, soprattutto del III secolo, che nella concezione politica e religiosa dei Romani il rapporto fra lo Stato e gli dei era strettissimo, quasi ‘ontologico’: lo Stato non poteva reggersi senza la benevolenza degli dei e, consci di questa dipendenza che dava i suoi frutti, misurabili nelle vittorie militari e nell’allargamento dei confini dell’impero, i Romani erano attenti a conciliarsi il favore degli dei: in questo consisteva la pax deorum. La religione cristiana, sotto questo profilo, non era accettabile per la mentalità romana. Tuttavia, la tolleranza dimostrata da alcuni imperatori, come Traiano e Adriano, entrambi del II secolo, che limitavano la repressione del cristianesimo solo nei casi in cui fosse stato dimostrato che i cristiani agivano contro le leggi, è un significativo indizio che era riconosciuta la loro lealtà di comportamento e il rispetto delle leggi.
Anche l’editto di Serdica emanato da Galerio riconosce la lealtà dei cristiani, ai quali si limita a ‘perdonare’ l’ostinazione nella fede, e la maggior grandezza del loro dio al quale sollecita preghiere per sé, per lo Stato e per il loro bene, ma con prevalenza del bene dello Stato: «i cristiani dovranno pregare il loro dio per la nostra salute, quella dello Stato e la loro propria, affinché lo Stato si conservi sicuro dappertutto ed essi possano vivere tranquilli nelle loro sedi». Se nella concezione romana la religione era innanzitutto un patto di alleanza fra Roma e gli dei che garantiva la grandezza e la salvezza di Roma e del suo impero, Costantino sostituì agli dei pagani il dio dei cristiani, che tuttavia gli era sconosciuto e «ha tanti nomi quante sono le lingue dei popoli»; ad esso affidò le sorti della battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre 312) e successivamente la salvezza dello Stato romano («il favore divino da noi sperimentato in circostanze così importanti continuerà a propiziare in ogni occasione i nostri successi, per la prosperità di tutti»).
In questo sta soprattutto il cambiamento operato da Costantino: senza alterare il concetto della pax deorum, che anzi intendeva rafforzare, egli affidava la salvezza dello Stato romano ad un nuovo dio, più forte e più grande delle vecchie e bolse divinità dell’antica Roma, che probabilmente interpretava come la divinità solare, venerata già da suo padre Costanzo e da lui stesso. L’idea di un summus deus identificato probabilmente col Sole, dai molti nomi e in definitiva sconosciuto, rappresentava un punto di convergenza fra le diverse dottrine filosofiche e accontentava anche i cristiani per i quali Cristo era Sol Iustitiae.
La libertà religiosa fu possibile grazie all’unità dell’impero e al rispetto della legge. Con i suoi provvedimenti Costantino garantì una pacifica convivenza fra le diverse religioni all’interno dell’impero, con la breve interruzione del regno di Giuliano (361-363) e nonostante all’interno della Chiesa sorgessero dispute e contrasti di natura teologica, che Costantino fu costretto a dirimere. Finché nell’anno 380 Teodosio proclamò la religione cristiana religione di Stato. Tanto durò la libertà di professare la propria fede liberamente.