È da pochi giorni nelle librerie il Dvd del film “Quasi amici”, in francese “Intouchables”, che ha avuto un grande successo al botteghino di mezza Europa. E’ stato, l’anno scorso, un caso cinematografico di prima grandezza e ne ha scritto molto bene qui Massimo Bernardini nell’aprile del 2012. Perché riparlarne allora? Ma perché una volta tanto il Dvd, in questo caso più libro, offre davvero qualcosa in più. Non solo perché dà la possibilità (ovvia) di vedersi e rivedersi il film, ma perché nel libretto allegato c’è una bella ricostruzione di tutta la vicenda (vera) che ha ispirato il racconto del film. E c’è una lunga e assolutamente imperdibile intervista a Franco Bomprezzi, giornalista disabile, che forse molti di voi già conoscono per il suo Blog all’interno di Corriere.it, chiamato gli “Invisibili”, o per la sua decennale rubrica su Vita, intitolata “Francamente”.



Bomprezzi è un giornalista di razza, che sa trattare il tema dei diritti dei disabili con l’atteggiamento migliore. C’è un momento del film che in qualche modo sintetizza la fortuna di questa pellicola. È quando il protagonista, un ricco francese immobile sulla sedia a rotelle, discute con un suo parente dello strano “badante” che si è messo vicino e il familiare gli dice: “Ma ti rendi conto che ti sei messo vicino un poco di buono? Uno che non ha pietà!”. E il disabile sbotta: “Ecco perché mi piace tanto. Hai perfettamente ragione: lui non ha pietà, come l’avete voi. Sai che si dimentica che sono in questo stato? Non me lo ricorda ogni secondo, come fate voi…”.



Pietà è una bella parola, ma se la sostituite con “pietismo”, “buonismo”, il ragionamento è perfetto. Fra i due protagonisti della storia c’è tutta la forza di un rapporto (che poi diventa un’amicizia) non basato su un continuo moto di compassione, ma sull’autenticità, sul valore delle due persone. Due persone con difficoltà, ma due persone con un patrimonio irripetibile, non definibile dalle difficoltà stesse. Bomprezzi spiega il film e insieme ci fa riflettere con passione e asciuttezza sulla sua esperienza. Dice nel “contributo aggiuntivo” che offre Medusa film: “Io mi sono emozionato per la strepitosa umanità del badante Driss. È lui a schiodare i tabù, a mettere in crisi l’imbalsamata società bene di una Francia borghese e annoiata… La verità è che dietro ogni corpo c’è una persona. Spesso i disabili vivono proprio questo paradosso: quello di doversi rappresentare con caratteristiche riconoscibili. Ok, il problema però è che a lungo andare così si corre il rischio di ‘diventare’ la propria malattia”.



Tante riflessioni, tante annotazioni che sono liberatorie rispetto a come si guardano di solito la vita e i problemi dei disabili. Bomprezzi ci accompagna con l’ironia e la comicità (proprie del film) a guardare questa condizione umana, molto più vicina di quanto si pensi ad altre condizioni umane. In fondo l’amicizia raccontata dallo stupendo film francese nasce anche grazie alle due debolezze dei due protagonisti: uno disabile e l’altro extracomunitario, reduce dal carcere. Due difficoltà che diventano spunto, opportunità, occasione di vita. Una lezione di cui abbiamo tutti, in fondo, bisogno.