Il moderno linguaggio umano trae le proprie origini dal senso del ritmo. Lo avrebbe dimostrato una recente ricerca, pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, e coordinata da Asif Ghazanfar dell’Università di Princeton, attraverso cui è stato possibile appurare che l’evoluzione del linguaggio proviene da particolari espressioni ritmiche facciali, come lo schioccare delle labbra, a cadenza naturale. I ricercatori hanno esposto 11 macachi a una comunicazione generata da due avatar di scimmia intenti a simulare su uno schermo lo schioccare delle labbra a ritmo lento, naturale e accelerato. La maggior parte dei macachi ha dunque risposto ai gesti provenienti dagli avatar che si muovevano con la frequenza naturale, pari a circa 6 Hertz. Per questo lo studio suggerisce che tra questo gesto della scimmia e i ritmi del linguaggio umano possa effettivamente esserci una comune origine evolutiva. Abbiamo chiesto un commento ad Andrea Moro, docente di Linguistica generale nella Scuola Superiore Universitaria IUSS di Pavia.
Professore, cosa può dirci dei risultati della ricerca?
Il fatto che il ritmo sia alla base della comunicazione tra gli esseri viventi non è affato sorprendente. Nel mondo animale, infatti, esistono molti casi in cui viene utilizzato questo particolare processo, da alcuni insetti fino ai cani. Noi tutti riusciamo infatti a percepire che tipo di messaggio ci sta mandando un cane, ad esempio, ascoltando il ritmo con cui abbaia.
Vi sono altri aspetti riguardo questo tema che invece risultano essere più sorprendenti?
Come sappiamo dai tempi di Cartesio (anche se confermato soltanto nella seconda metà del Novecento attraverso modelli matematici, a partire dai lavori di Noam Chomsky), il linguaggio umano costituisce un fatto unico tra gli esseri viventi. Solo gli esseri umani, infatti, sono in grado, ricombinando parti del messaggio, di cambiarne il significato.
Può farci un esempio?
Se prendiamo tre parole come “Caino”, “uccise” e “Abele”, un essere umano che parla italiano è in grado di comporre almeno due frasi. Potrebbe poi farne infinite altre utilizzando un maggior numero di parole. Ecco, questa capacità, che chiamiamo sintassi, è unica del genere umano, inesistente in ogni altro essere vivente.
Da cosa dipende questa peculiarità?
Studi recenti hanno dimostrato che questa capacità non è un fatto culturale, ma dipende strettamente da come è costruito il nostro cervello. Da questo si deduce che, se il linguaggio umano è unico tra tutti gli esseri viventi e se è agganciato alla struttura del cervello, allora anche quest’ultimo è unico.
Quindi la sintassi è un fenomeno troppo complesso per poter essere ricondotto al semplice ritmo?
E’ proprio così. Attribuire al ritmo l’innesco evolutivo o la nascita del linguaggio è un passo davvero troppo azzardato, perché le proprietà matematiche della sintassi non possono essere ricondotte a un elementare fatto ritmico. Bisogna però sottolineare un ulteriore aspetto, a mio giudizio molto interessante.
Quale?
Altri studi hanno dimostrato che i bambini molto piccoli sono in grado, già poche ore dopo la nascita, di distinguere i ritmi di lingue diverse. Ad esempio, ci sono linguisti che distinguono i ritmi associandoli a degli oggetti che fanno rumore: ecco allora le lingue “a mitraglia”, come l’italiano e lo spagnolo, e quelle “Morse”, come l’inglese.
Come mai questi nomi?
Perché se si ascolta in lontananza parlare in italiano o spagnolo, si avverte un’alternanza di consonanti e vocali a ripetizione (da qui il temine utilizzato), mentre l’inglese è caratterizzato da sequenze di vocali modulate, più lunghe.
E i bambini sono in grado di riconoscere queste differenze?
Un bambino molto piccolo è in grado di riconoscere il ritmo differente tra le lingue. Questo è molto importante perché significa che il bambino, a seconda del ritmo, riesce a iniziare a orientarsi nel linguaggio. Dopo un primo orientamento però, ecco, come dicevamo, la sintassi, una proprietà che non è affatto riconducibile al semplice ritmo.
(Claudio Perlini)