Il Papa, col realismo di chi conosce il peso del tempo, ha voluto cominciare la pubblicazione della sua opera Gesù di Nazaret dai due volumi sulla vita pubblica di Gesù. Non era detto che potesse finire tutta l’opera, e allora, meglio centrare il tiro sull’essenziale: la vita di Gesù, la Sua pretesa divina, la Sua morte e Risurrezione. Qualcuno potrebbe dire: Perché mai premettere adesso un volume sull’infanzia? C’è qualcosa in gioco? Non ha offerto ormai Benedetto XVI il suo contributo all’esegesi e alla ragionevolezza della fede?



A queste domande possiamo rispondere decisamente: ci sono ancora cose in gioco nei racconti dell’infanzia di Gesù che meritavano un ulteriore contributo del Ratzinger teologo. Infatti, in linea di massima si poteva accettare quanto il Papa aveva detto nei due volumi precedenti riguardo all’interpretazione dei vangeli e della persona di Gesù, eppur ammettere un certo dubbio, condiviso da una parte dell’esegesi cattolica, in merito alla natura storica dei racconti dell’infanzia. Questi potrebbero essere inquadrati nel vago genere di “racconti teologici”, compresi come ricreazioni letterarie tese ad approfondire il mistero di Gesù. In questo ultimo volume, Benedetto XVI guarda in faccia questa obiezione. Per fare uno esempio, consideriamo come affronta la tradizione evangelica sulla verginità di Maria e le interpretazioni al riguardo in ambito esegetico.



Quello che ci è stato trasmesso nei vangeli, si domanda il Papa, “sul concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, è una realtà storica, un reale evento storico, oppure è una pia leggenda che, a modo suo, vuole esprimere ed interpretare il mistero di Gesù?” (63). Per affrontare l’argomento, Ratzinger passa in rassegna le obiezioni alla storicità di questi racconti, a cominciare dall’ipotesi che fa derivare la narrazione evangelica da idee archetipiche della storia delle religioni. Nel presentare queste idee e le narrazioni a loro legate, Benedetto XVI mostra la profonda differenza col racconto evangelico per concludere che non esiste un vero parallelismo in grado di sostenere l’ipotesi di una dipendenza letteraria.



Ratzinger, però, non si ferma sugli argomenti storici e letterari, cosciente che tante volte le obiezioni non hanno la loro origine nei dati ma nei presupposti filosofici e culturali dei critici. Infatti, nella mentalità odierna, “a Dio viene concesso di operare sulle idee e sui pensieri, nella sfera spirituale – ma non sulla materia. Ciò disturba” (69). Senza far riferimento esplicito, il Papa allude all’obiezione detta kantiana ma che Lessing ha formulato in modo lucido affermando che verità storiche e casuali non possono diventare prova di verità eterne e necessarie (Sulla dimostrazione dello spirito e della forza). A Dio è permesso di esistere, ma non di intervenire nella storia. In realtà il suo intervento non avrebbe senso: quello che avviene nelle coordinate spazio-temporali non può pretendere di essere il luogo della comprensione dell’uomo e della sua natura. La nascita dalla Vergine, così come la risurrezione dal sepolcro, sono diventati “uno scandalo per lo spirito moderno” (69).

Ma questa obiezione è ragionevole? In questa discussione è in gioco la natura di Dio: “se Dio non ha anche potere sulla materia, allora Egli non è Dio” (69). Col parto verginale e la risurrezione dal sepolcro si mette in evidenza il potere creativo di Dio, che abbraccia tutto l’essere. Contro la tesi kantiana, nell’Incarnazione “l’universale e il concreto si toccano a vicenda” (77).

Oltre il fine filo argomentativo con cui Ratzinger viene incontro alle obiezioni moderne ai racconti dell’infanzia, questo terzo volume è costruito con l’accento pedagogico caratterizzante l’opera del Papa tedesco dai suoi primi passi in ambito teologico. Infatti, il punto di partenza di questo libro è la domanda circa l’origine di Gesù, una domanda molto concreta che era emersa nella convivenza con lui nonostante si conoscessero i suoi dati anagrafici: figlio di Giuseppe, figlio di Maria, di Nazaret. “Tu, chi sei?”, “da dove sei?”, sono domande che nascevano davanti ai gesti stupefacenti e alle parole rivelatrici di Gesù. I racconti dell’infanzia rispondono, già dall’inizio, a questa domanda mettendo in rilievo l’origine soprannaturale della Sua Persona. Così siamo introdotti nel mistero di quell’uomo. Quello che Gesù svela esplicitamente soltanto alla fine della Sua vita pubblica, nei vangeli dell’infanzia viene anticipato a coloro che hanno già creduto in lui.

Nella volontà di accogliere tutti i fattori in gioco, Ratzinger sottolinea la presenza massiccia di testi dell’Antico Testamento, citati esplicitamente e implicitamente, che sostengono e perfino configurano la redazione del testi dell’infanzia di Matteo e Luca. Anche qui Benedetto XVI non cede all’obiezione moderna che sostiene che i racconti sono stati costruiti in modo artificiale per mostrare il compimento delle Scritture. Riconosce, invece, che siamo davanti a “storia interpretata”: “Tra la parola interpretativa di Dio e la storia interpretativa c’è un reciproco rapporto” (26). Il vecchio detto di sant’Agostino, Novum in Vetere latet et in Novo Vetus patet (“Il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico e l’Antico è svelato nel Nuovo”) trova nelle prime pagine dei vangeli imponente illustrazione. Infatti, in parole di Ratzinger, l’Antico è svelato nel Nuovo nel senso che “qui si racconta una storia che spiega la Scrittura e, inversamente, ciò che la Scrittura, in molti luoghi, ha voluto dire, diventa visibile solo ora, per mezzo di questa nuova storia (…). La storia qui raccontata non è semplicemente un’illustrazione delle antiche parole, bensì la realtà che le parole attendevano” (24).

Con questo terzo volume il Papa può dire con ragione “explicit opus magnum”.