“I concetti creano gli idoli, solo lo stupore afferra qualcosa“. Non c’è tutto padre Scalfi, non c’è tutto il fondatore di Russia Cristiana in questa frase di Gregorio di Nissa, ma certo ci sono due cose essenziali che nei suoi novant’anni di vita non si è mai stancato di testimoniare; o per lo meno ci sono due cose che mi ha dato e che poi hanno segnato la mia vita da quando l’ho incontrato per la prima volta – alla fine degli anni Sessanta, da giovane studente liceale, in una serata di nebbia come non se ne vedono più – sino a oggi, quando ormai ho più anni di quelli che aveva lui allora.
Due cose essenziali: la prima è la liberazione dagli idoli, una liberazione che mi sono trovato addosso quando, cercando di capire perché la rivoluzione russa era fallita così miseramente e non era nato l’uomo nuovo, padre Romano mi ha fatto scoprire un’altra Russia che non immaginavo nemmeno, e nella quale l’uomo ancora esisteva, irriducibile, anzi non era mai venuto meno a dispetto di tutti i piani dell’ideologia.
La seconda è lo stupore di fronte al dono della vita e di fronte alla concreta realtà del senso che la attraversa, ogni mattina con un volto nuovo: uno stupore che continuo a vedere in lui in ogni istante, sia che guardi le viole che spuntano ogni primavera, e che tuttavia lo sorprendono come un bambino che le vede per la prima volta; sia che mi commenti qualche passo che sta leggendo o qualche avvenimento che lo ha colpito, grande o meschino, triste o lieto, ma nel quale è sempre capace di cogliere l’invito a ricominciare il cammino della vita con gioia.
Come quel santo russo che salutava ogni creatura con le parole: “Gioia mia”, perché in ogni essere vedeva il volto di Cristo.
E perché per padre Romano al centro di tutto, ovviamente, c’è Cristo, più bello e più ragionevole di ogni cosa o, meglio, in cui e per cui tutte le cose trovano la loro bellezza e la loro ragionevolezza. E dico “ovviamente” perché, per come la percepisce e la comunica padre Romano, la presenza di Cristo nella vita dell’uomo è un fatto del tutto naturale, non nel senso naturalistico, scontato e necessitante della parola, ma nel senso che senza Cristo non esisterebbe neppure la natura, non esisterebbe la vita, non esisterei io: “Es ergo sum”; io sono perché ci sei Tu che mi trai dal nulla e mi mantieni nell’essere, direbbe ogni istante padre Romano.
E allora viene naturale anche un’altra citazione (che padre Romano fece conoscere a me, come a un suo altro grande amico, don Luigi Giussani): “L’imperatore si rivolse ai cristiani dicendo: ‘Strani uomini… ditemi voi stessi, o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri capi e fratelli: che cosa avete di più caro nel cristianesimo?’. Allora si alzò in piedi lo starec Giovanni e rispose con dolcezza: ‘Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità’“.
La risposta dello starec Giovanni ai potenti di questo mondo, ma anche a tutti coloro che soffrono e che non sanno più di che vivere, a tutti coloro che cercano un senso buono per la vita di tutti i giorni, è la risposta che in un modo o nell’altro ha sempre segnato la vita e l’attività di padre Scalfi, sia che predicasse, sia che mettesse in piedi, lui, incapace di qualsiasi organizzazione (come ripete da sempre con consapevole ironia) una struttura complessa come Russia Cristiana, che comprende una fondazione, una rivista, una casa editrice, un coro, una scuola iconografica.
Sia che parli dei monti del suo Trentino, sia che ci introduca a Berdjaev o a Solov’ëv (io li ho conosciuti e amati grazie a lui) al centro di tutto c’è sempre Cristo “luce della ragione”, Cristo che ci offre il dono della sua unità, quell’unità che noi moderni non sappiamo più vedere e pretendiamo di creare ed invece è la struttura del nostro essere, vuoi che si tratti del rapporto tra fede e ragione, vuoi che si tratti del rapporto tra le Chiese d’oriente e d’occidente ancora divise. Perché un’altra delle cose che padre Romano ha sempre testimoniato (in tutta la sua attività per l’unione delle Chiese) è che l’unità non va creata ma riconosciuta, e non è innanzitutto un fatto esterno o un rapporto tra istituzioni, ma l’unità della persona, che non è prodotta dalla mia genialità e neppure dalla mia santità, ma è il dono con il quale Cristo ci affascina e ci attira a sé, in un cammino di conversione che non finisce mai. Buon compleanno, padre Romano o, come si dice: Mnogaja leta, Ad multos annos.